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Cultura
Arte ed architettura
nel complesso degli Incurabili (2)
di Achille della Ragione
Prima di descrivere la chiesa di Santa Maria del Popolo (fig. 12 – 13) ed accennare ai tesori d’arte ivi conservati, voglio invitare i lettori a meditare sull’inefficienza delle istituzioni, che hanno permesso che l’edificio sacro da decenni fosse chiuso ai visitatori e poscia a pregare, perché nella chiesa alle prime ore dell'alba del 24 marzo 2019 si è verificato il crollo di una volta di sostegno del pavimento retrostante l'altare maggiore; il crollo ha provocato anche un cedimento che ha interessato la tomba di Maria D'Ayerba (cofondatrice dell'ospedale degli Incurabili) e parte del coro ligneo (fig. 14 – 15).

La chiesa di Santa Maria del Popolo è caratterizzata da un interno ad aula unica con cappelle, decorato con stucchi barocchi; gli altari delle cappelle sono in marmo bianco, mentre quello maggiore, opera di Dionisio Lazzari, è in marmo commesso. Accanto all'altare maggiore è posto un sepolcro rinascimentale realizzato da Giovanni da Nola.

Gli affreschi della chiesa furono portati a termine tra il XVI ed il XVIII secolo; in particolare la cupola fu decorata a Belisario Corenzio, mentre nei pennacchi lavorò Luigi Rodriguez, le principali opere pittoriche sono di Agostino Beltrano, Giuliano Bugiardin i(fig. 16), Marco Cardisco, Francesco De Mura, Giovan Angelo D’Amato( fig. 17),Marco Pino, Giovanni Battista Rossi e Carlo Sellitto. Nella Cappella Montalto è posta un'opera di Girolamo D'Auria.

Nella sagrestia ci sono dei notevoli pezzi di arredo risalenti al 1603 e la volta fu affrescata ancora dal medesimo Giovanni Battista Rossi.

Costruita nel’500 da un architetto del quale le fonti non ci hanno tramandato il nome, fu abbellita significativamente nel corso del’700 con preziosi stucchi e con i dodici altari in marmo disposti lungo le pareti.

L’interno si presenta a navata unica, con delle piccole aperture laterali in cui sono posti gli altari, sormontati in passato da dipinti, oggi custoditi presso la Farmacia degli Incurabili, realizzati da Marco Pino, Carlo Sellitto e Francesco De Mura. Sul primo altare a destra, rimane la cornice in marmo in cui era posta la tela di Battistello Caracciolo, raffigurante Il “Cristo Portacroce”, oggi al Museo di Capodimonte. Sulla porta d’ingresso, anticamente, si ammirava una tavola che raffigurava la “Trasfigurazione”, opera di Giovan Francesco Penni, allievo di Raffello: l’opera, attualmente al Museo del Prado, era stata donata a fine’600 dai governatori degli Incurabili al Marchese del Carpio, Viceré di Napoli.

Al suo posto, sempre a fine’600, fu costruita la cantoria, dove si trovava posizionato un organo del ‘700 ornato da angioletti lignei elegantemente scolpiti: oggi questo organo risulta scomparso. A sinistra dell’ingresso, con uno stile elegante vicino ai modi di Cosimo Fanzago, si può ammirare il monumento funebre dedicato a Mario Zuccaro: si tratta di un medico e filosofo, vissuto a cavallo tra ‘500 e ‘600, che lasciò tutto il suo patrimonio al Complesso degli Incurabili.

Proprio dopo il monumento di Mario Zuccaro, vi è l’ingresso della cappella della famiglia Montalto, un vero e proprio scrigno d’opere d’arte: sull’altare spicca una Madonna col Bambino (fig. 18) dello scultore Geronimo d’Auria (1592), mentre alle pareti si possono ammirare ben sei tele settecentesche, attribuite al pittore Giova Battista Rossi. Si tratta, nell’ordine, di una “Adorazione dei Magi” (fig. 19), di una “Adorazione dei Pastori”, della “Presentazione di Gesù al Tempio”, della “Fuga in Egitto”, e due tele raffiguranti i “Santi Cosma e Damiano”, secondo la tradizione protettori dei medici. Sempre nella cappella Montalto, particolarmente interessanti risultano gli affreschi delle volte e delle lunette, dipinti dallo spagnolo Luigi Rodriguez e il monumento funebre di Ludovico Montalto, scolpito da Andrea Sarti.

L’ultimo altare di sinistra, ormai spoglio, conservava una “Adorazione dei Pastori” di Carlo Sellitto (oggi nella Farmacia), uno dei primi pittori napoletani influenzati da Caravaggio. Ai lati del maestoso altare maggiore, realizzato in marmi policromi da Dionisio Lazzari tra il 1688 e il 1692 (una delle sue ultime e più belle opere), si trovano i monumenti funebri di Andrea di Capua e del figlio Ferdinando (fig. 21 – 22), commissionati a Giovanni da Nola nel 1531 da Maria d’Ayerba, Duchessa di Termoli, nonché una delle figure più importanti nella storia del complesso dopo la fondatrice Maria Longo. Proprio la duchessa, infatti, condusse l’ospedale e ne permise lo sviluppo dopo il ritiro in convento della Longo.

Alle spalle dell’altare maggiore, tra i due sepolcri, riposa la stessa Maria d’Ayerba, i cui resti sono rovinosamente crollati insieme al pavimento all’alba del 24 marzo scorso e poi pietosamente recuperati.

Dopo l’altare e il coro ligneo, sulla sinistra, si accede alla sagrestia che conserva ancora l’arredo originario del Seicento e alcune sculture lignee del secolo successivo provenienti dall’Ospedale di Santa Maria della Pace. Sul soffitto, era un tempo collocata la tela di Giovan Battista Rossi raffigurante Santa Maria del Popolo, oggi custodito nella Quadreria della Farmacia.

Prima di concludere vogliamo accennare alla chiesa della Monaca di Legno ed alla chiesa della Riforma, sono due piccole strutture storico-religiose inglobate nel complesso degli Incurabili che facevano dapprima parte di due monasteri distinti.

La prima prende la propria denominazione dal cognome di una delle prime suore che qui dimorarono; ma la leggenda vuole che una suora, tentando di uscire dal monastero, restasse ferma come una statua di legno. Col decennio francese, la chiesa fu abbandonata, per poi essere concessa alla Confraternita della Visitazione di Maria, che vi collocò un quadro ovale della Vergine (opera di Paolo De Matteis). Nel 1867, i frati si trasferirono nel monastero di Donnaregina, portando con sé l'opera d'arte. La cappella fu quindi ceduta ad un'altra congrega.

L'altra chiesina, è chiamata della Riforma perché la fondatrice del complesso, Maria Longo, qui raccoglieva le donne di mondo, dette anche della Buona Morte, per "riformarne" la vita e condurle sulla retta strada. Nel decennio francese, queste furono trasferite nella chiesa delle Trentatré e la cappella fu concessa alla Congrega di Santa Maria Regina Paradisi, poi a quella dei Cucchi. I due monasteri, espulse le suore, nel 1813 passarono a far parte dell'ospedale.

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1/5/2021
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