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Napoli, la città dei fori imperiali
di Mimmo Carratelli




Dal 15 settembre 2006 il nostro Mimmo Carratelli ha pubblicato una serie dodici servizi sul sottosuolo napoletano. Particolare interesse suscitarono le due puntate in cui venne riportata l’intervista al geologo Riccardo Caniparoli le cui illuminanti risposte tornano purtroppo oggi di una sconcertante attualità. Per dare modo ai nostri lettori di “ripassare” quanto emerso pubblicamente sette anni orsono, ma ben noto ai nostri amministratori da oltre quindici anni, ripubblichiamo l’intervista, ma diamo anche modo a tutti di rileggere per intero la serie di servizi cliccando sulle indicazioni delle puntate in fondo all’articolo.


Napoli, la città dei fori imperiali - quarta puntata- Negli ultimi dieci anni non è stato fatto niente di serio, anzi sono state realizzate opere che hanno alterato tutta una serie di equilibri. E’ rimasta lettera morta la proposta di un Piano regolatore del sottosuolo. Approcci sbagliati al problema e interventi-tampone nella logica dell’emergenza. 

E’ dell’agosto di sei anni fa il via libera della Giunta comunale alla compilazione del Piano del sottosuolo urbano (Psu), delibera firmata dal vicesindaco di allora Riccardo Marone, dall’assessore all’urbanistica Rocco Papa e dall’assessore alla mobilità Massimo Paolucci.

Grande annuncio e grandi programmi. Venne sottolineata la creazione di “cunicoli intelligenti” per tutta la rete fognaria, capaci di segnalare perdite, scompensi e sussulti. Mirabolante. In seguito, del Piano si è saputo poco e niente. Dalla circolazione (amministrativa) sono scomparsi Marone e Paolucci. Dove giace il Psu?

Nel momento di euforia, che accompagna ogni proclama degli amministratori cittadini diretto a trovare la compiacente cassa di risonanza sui giornali e in tv, venne annunciata non solo la mappa salvifica per prevenire i dissesti, ma addirittura tre spettacolari progetti.

Rocco Papa disse: “Trasformeremo il sottosuolo da problema in opportunità”. Furono annunciati teatri e palestre sotterranei: un teatro nella cavità dei Colli Aminei, una Sala conferenza nel sottosuolo del quartiere Stella, una palestra sotto via Chiaia. Senza pudore.

Mostrando d’essere documentati, gli amministratori di Palazzo San Giacomo rivelarono l’esistenza di 733 cavità, fra cisterne, cave di tufo e cunicoli, con 2199 ingressi attraverso pozzi, scale e varchi a livello strada.

Il gioco di parole, fra annunci e progetti, non inganna più nessuno. Nel 1996, l’assessore alla manutenzione urbana Antonio Amato sentenziò: “La situazione del sottosuolo è seria, ma sotto controllo. Ci sono cento miliardi di lire da spendere provenienti dalla tasse comunali e dai proventi del condono edilizio. Bisogna solo dare una accelerata alla capacità di spesa”.

Mille edifici pubblici sarebbero stati monitorati: scuole, caserme, poste, uffici comunali. Mancò l’accelerata di spesa. Venne tirato il freno a mano. Come sempre.

Nel 1996 si verificarono nove voragini e le tragedie al Quadrivio di Secondigliano (undici morti) e in via Miano (due morti). Diciassette voragini si aprirono nel 1997, sei nel 1999 e così via. I vigili del fuoco continuarono ad essere bersagliati da migliaia di chiamate di soccorso, tremila all’anno.

Da Dino Di Palma, commissario alla difesa del sottosuolo, si passò al Commissario straordinario. Cambiarono gli interpreti, non cambiò la musica.

Ma sentiamo da un esperto come vanno le cose.

Illuminante l’intervista concessaci dal dottor Riccardo Caniparoli, geologo, 57 anni, napoletano, consulente prestigioso, docente, componente di numerose commissioni ambientali e autore di numerose pubblicazioni tra cui “Il dissesto idrogeologico nella regione campana”.

- Negli ultimi dieci anni che cosa è stato fatto per il sottosuolo a Napoli?

“Cose serie, poco o niente. Anzi, è stata alterata tutta una serie di equilibri. Sono state realizzate opere senza la pianificazione del sottosuolo, strumento indispensabile per capire cosa fare, dove fare e come fare. Quello di Napoli è un sottosuolo neonato in termini geologici. E’ di epoca storica, non risale alle ere geologiche. E’ un sottosuolo di trenta, quarantamila anni fa. Perciò non è un sottosuolo già stabilizzato. Per la sua giovane età, subisce ancora processi evolutivi di crescita e consolidamento”.

- Quali sono state le opere realizzate senza la conoscenza approfondita degli equilibri che regolano l’evoluzione del sottosuolo?

“Tra le altre, il CDN, la metropolitana, la linea tranviaria rapida. Ma anche i parcheggi di piazza San Francesco, piazza Nazionale e molti fabbricati”.

- Perché si è proceduto in questo modo?

“Perché si progettano lavori con un’analisi settoriale delle problematiche e con una visione limitata nel tempo e nello spazio. Un esempio: si bada alla dimensione delle fogne, non al problema generale della modifica dei fattori ambientali che regolano il deflusso delle acque nelle fogne”.

- Qual è la particolarità del sottosuolo napoletano?

“E’ fatto di due tipi di materiale. Il tufo che è un materiale coerente, cioè solido, ma leggero. E la cosiddetta pozzolana, che è un materiale sciolto fatto di ceneri, lapilli, scorie, sensibile all’acqua. Se si trova immerso in acqua, galleggia producendo una spinta verso l’alto”.

- Una situazione molto particolare.

“Certamente. Ecco perché non si possono usare a Napoli le tecniche che si usano altrove, in presenza di sabbie o del suo corrispondente solido che è l’arenaria”.

- Il problema napoletano è dunque la pozzolana?

“Per gli scavi, la pozzolana e le pomici non consentono l’utilizzo di tecniche in uso per esempio in Germania, Francia o negli Stati Uniti che presentano situazioni geologiche diverse”.

- Può fare un esempio?

“Vediamo che cosa è successo all’ormai famosa talpa della Linea tranviaria rapida. Si è letteralmente autocementata sotto la Torretta”.

Ne parleremo nella prossima puntata..

(continua) 




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5/3/2013
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