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Recensioni
Paul Auster – “La musica del caso”
Due vite in un cash game e un finale “a carte 48”
di Emanuela Cicoira
“ … Finché un giorno, in preda al disgusto, rischia tutto quello che ha voltando una sola carta …” (William Faulkner)

Con Paul Auster non è mai la solita musica, nel senso che la copiosa produzione letteraria dello scrittore statunitense, ormai riconosciuto tra i più autorevoli dell’era “postmoderna”, annovera una varietà incredibile di storie e di situazioni. Ma è anche vero che nelle sue straordinarie sinfonie narrative ricorrono delle costanti, delle componenti fisse; degli elementi strutturali imprescindibili come le linee del pentagramma – tanto per restare nella metafora musicale. Fra questi c’è senza dubbio il caso.

Tutta l’opera di Auster è contraddistinta dall’azione forte del caso nello svolgersi degli eventi. Il caso traccia storie, delinea strade, riorganizza vite. Produce “inattese novità epifaniche”. Non è un espediente romanzesco alla maniera del “deus ex machina” degli antichi; né una comune variabile necessaria alla costruzione causale del narrato, il quale contiene così tante coincidenze fortuite da renderlo quasi un elemento normativo, presente sempre in maniera prevedibile e sistematica. Non si tratta neppure di fatalismo: semmai di puro realismo.

E che il cieco disegno di non si sa bene chi – lo si voglia chiamare destino, contingenza, sorte, predestinazione o altro – giochi un ruolo fondamentale in quella che lo scrittore ha definito “meccanica del reale”, è il concetto chiave di uno dei primi libri di Auster tradotti in Italia, “La musica del caso”, recentemente ristampato da Einaudi dopo la prima edizione Guanda del 1991.

La vita dei protagonisti appare condizionata fin dall’inizio da una serie di circostanze impreviste. Un tizio di nome Jim Nashe eredita dal padre un’inattesa fortuna monetaria. “Si dà il caso” che la notizia del testamento giunga un mese dopo la separazione dalla moglie, quando lui ha ormai affidato la figlia di quattro anni alle cure della sorella. Per cui all’improvviso si ritrova solo, completamente svincolato da qualunque onere familiare, libero di disporre come crede della sua vita e padrone dei mezzi per farlo al meglio. Molla casa e lavoro (era diventato pompiere per caso), compra un macchinone e gira in lungo e in largo l’America per oltre un anno.

Una premessa da romanzo “on the road”, la storia della materializzazione del classico sogno esistenziale di buttarsi tutto alle spalle, di partire per un viaggio senza meta, lasciandosi prendere dalla vertigine dell’improvvisazione e dal fascino di una vita all’insegna della più assoluta indeterminatezza...

Ma i soldi di Nashe un termine ce l’hanno, ed è quando questo si avvicina che il racconto prende un’altra piega, precipitando a ritmo serrato verso situazioni ai limiti dell’assurdo.

La coincidenza di turno si chiama Jack Pozzi, altrimenti noto come Jackpot, Colpo Grosso. È un minuto ragazzo sui vent’anni, irrequieto e facile al turpiloquio, il quale, più che sbarcare il lunario, ci naviga nel mezzo, tra alti e bassi, grazie a un’eccezionale abilità nel gioco del poker. Per lui, in genere, gli “alti” sono la maggioranza, specializzato com’è nello spennare polli neoarricchiti della buona società newyorkese. Ma quando Nashe lo raccoglie per strada, stanco e dolorante, reduce da un’aggressione notturna e senza il becco di un quattrino, il ragazzo non sa nemmeno che fine farà da lì a due ore.

Tuttavia Nashe è ormai troppo prigioniero della libertà per non farsi a sua volta tentare dalla possibilità di un colpo grosso. E siccome gli resta ancora una parte di eredità, anche se “caso” non fa rima con “rischio”, pensa bene – in realtà pensa male ma non può saperlo – di investire tutto nel progetto di Jack di battere a poker due “compari” miliardari, tali Flower e Stone, con cui prima di essere derubato era riuscito a procurarsi un appuntamento per la sera successiva.

Diecimila dollari, o la va o la spacca. Nella prospettiva che la fortuna li favorisca. Nella convinzione che i due pezzi grossi in questione siano da ritenersi tali solo in base all'ammontare dei conti in banca. Nella speranza che “la musica del caso” intoni per loro una marcia trionfale e non una messa da requiem.

Se Colpo Grosso Jack farà onore al soprannome, a ognuno la sua, arrivederci e grazie. In caso contrario – possibilità scarsamente contemplata – chi vivrà vedrà.

Mentre i due, diventati amici, si giocano le esistenze in un’estenuante partita a stud-poker, ospiti di una specie di Reggia delle Meraviglie, Paul Auster gioca le sue carte migliori nella narrazione trascinante, piena di interrogativi sospesi; in cui trovano spazio temi tipici e ricorrenti quali la figura del padre assente, la città come spazio mentale, l’ossessione per gli oggetti inutili, il simbolismo dei nomi…

Si scoprirà che i signori Fiore e Pietra, meno tonti e più eccentrici del previsto, hanno un inquietante progetto da realizzare. Jim e Jack vi si ritrovano coinvolti fino al collo: è una delle varianti implicite nel rischio.

Del resto loro hanno dimenticato (o hanno preferito trascurare) il fatto che il principale motore degli eventi, comunemente detto caso, gioca sempre, rigorosamente, a carte coperte!...

TITOLO: La musica del caso
TITOLO ORIGINALE: The Music of Chance
AUTORE: Paul Auster
TRADUZIONE: M. Birattari
CASA EDITRICE: Einaudi
ANNO: 2009
PRIMA EDIZIONE: 1991
PAGG: 207
PREZZO: € 11
11/5/2009
  
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