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Cultura
Tra i luoghi dell’antica sanità napoletana
di Franco Polichetti
La pubblicazione di una foto riproducente il testo di una lapide del 1550, tuttora esistente, all’esterno dell’ingresso dell’ospedale dell’Annunziata di Napoli preceduta da questo commento: “questo era il grado di solidarietà e civiltà a Napoli nel 1550”, è il movente di questo mio scritto.

Ringrazio pertanto la carissima e perspicace amica Rosaria Marasco, sempre così argutamente attenta alla napoletanità, che è l’autrice di tale pubblicazione ed alla quale avevo anticipato la mia idea di intervenire con un apposito scritto sullo stato e la pratica dell’assistenza medico-ospedaliera, la fraternità e solidarietà, nei secc. XV-XVI, nel Regno di Napoli.

Partendo un po’ da lontano, ecco alcune mie riflessioni, frutto anche di ricerche sull’argomento: nella società greca e magnogreca, vi era il termine xenìa che in greco antico, in senso strettamente letterario, significa ospitalità, accoglienza ospitale, ma in senso lato, riassume il concetto dell'ospitalità e dei rapporti tra ospite e ospitalità che costituiva un aspetto di grande rilievo nella società greca fin dai tempi omerici.

Era un dovere sacro per i greci ospitare coloro che, quasi sempre in uno stato di emergenza, chiedevano ospitalità.

Tra gli studiosi c’è chi afferma la sopravvivenza, tutt'oggi, di una tradizione di ospitalità e solidarietà nell’area magno-greca ipotizzando implicitamente l'esistenza di un retaggio culturale della xenia greca in quelle etnie contemporanee delle stesse aree geografiche che ne hanno ospitato la civiltà remota.

Ci sarebbe quindi nel DNA dei meridionali magnogreci, secondo questi studiosi, la predisposizione, non solo naturale alla fraternità al mutuo soccorso all’aiuto e all’assistenza del familiare, dell’amico, del vicino di casa, ma ci sarebbero anche i residui di una plurisecolare consuetudine ad essere disponibili per il soccorso agli indigenti e alle sofferenze dei bisognosi.

Da questa qualità psichica congenita, con quasi certezza, nacquero, e si svilupparono, in tempi relativamente a noi più vicini 1400-1500 dell’era cristiana, iniziative di enti ed aggregazioni animate non solo da legami intercorrenti tra i soggetti fondatori, che si riunivano per soddisfare interessi comuni (familiari, di vicinato o di lavoro), ma anche ispirati dai legami propri della fraternita: penso alle numerose confraternite sorte a Napoli sotto forma di associazioni laiche, che promuovevano un’intensa pratica di rapporti fraterni, sia fra i componenti l’associazione stessa sia verso l'esterno, e che hanno influito sia sul progresso del diritto sia sulla società nel suo complesso ponendo le premesse per i moderni servizi sociali ed assistenziali.

Questi principi, primieramente tradotti in pubbliche iniziative e messi a punto proprio nel Regno di Napoli, costituiranno, nei secoli successivi, i motivi ispiratori di iniziative legislative nazionali per l’istituzione di Enti di previdenza ed assistenza pubblica socio-sanitaria.

Nell’Archivio Storico del Banco di Napoli si trovano documenti contabili dai quali è possibile ricavare notizie sullo stato assistenziale ed ospedaliero di Napoli a partire dal XVI sec. quindi è possibile conoscere le cure che si praticavano, cosa mangiavano gli ammalati, chi erano i medici e gli infermieri, e molte volte anche i nomi degli ammalati.

Da tutte queste notizie si desume che il Regno di Napoli era in quell’epoca all’avanguardia tra tutti gli altri stati italiani anche nel campo medico-sanitario ospedaliero ed assistenziale.

Lo stato di decadenza meridionale è avvenuto a partire dall’Unità d’Italia.

Nel XVII sec. vi erano nel Regno Meridionale oltre settemila medici ed un notevole numero di paramedici ed infermieri. Numeri questi non riscontrabili in nessuna altra regione della penisola italiana.

Alcuni ospizi, lazzaretti ed ospedali storici sono scomparsi e ne è stata persa la memoria topografica; di altri ancora si intuisce l'esistenza, altri dopo secoli sono ancora attivi.
Ed ecco un elenco di alcuni degli ospedali più notevoli fondati a Napoli a partire dal XIII sec.: ospedale S. Eligio anno di fondazione 1270 sorgeva nell’edificio ancora esistente alle spalle della Chiesa di S. Eligio nell’area che, in quei tempi, era chiamata Campo Morocino, nome che deriva dai mori che arrivavano dall’oriente e si accampavano in questo luogo all’esterno delle mura cittadine. Era un ospedale che accoglieva donne povere e forestieri che si ammalavano nella città partenopea.

Nella prima metà del XVI secolo, il viceré spagnolo Don Pedro de Toledo vi istituì l'Educandato femminile, chiamato conservatorio per le vergini, dove le fanciulle erano istruite al servizio infermieristico presso l'annesso ospedale.

L’ospedale S. Giacomo, fondato nel 1571, che accoglieva i poveri infermi di nazionalità spagnola.

L’ospedale Trinità dei Pellegrini, ancora esistente, fondato nel 1579 che accoglieva i poveri bisognosi ed i pellegrini di passaggio per Napoli.

L’ospedale dell’Annunziata, ancora esistente, del XIV sec. che accoglieva i poveri feriti o colti da forti febbri e, successivamente, i neonati abbandonati deposti nella sua celebre ruota degli esposti.

L’ospedale S. Gennaro extra moenia, ancora esistente, antico monastero servì da lazzaretto (ospedale che accoglieva solo i malati contagiosi) durante la peste del 1656 e in seguito fu ospedale dei poveri mendicanti.

L’ospedale Pace fondato nel 1587.


L’ospedale Cesarea fondato anch’esso nel XVI sec..

Questi ultimi tre ospedali non sono più esistenti, potrebbero essere definiti vere e proprie cliniche private:
L’ospedale degli Incurabili, fondato nel 1521, ancora esistente nel centro storico di Napoli, confinante con via dell’Anticaglia cioè con il Decumano superiore. Accoglieva tutti coloro che si presentavano alla sua porta ed in particolare le partorienti di qualunque ceto sociale come è attestato dalla lapide che è all’origine di questo scritto, accoglieva inoltre gli affetti da malattie incurabili, quale la tigna (zella), mal francese (sifilide) scabia (rogna).

L’ospedale degli Incurabili, fondato nel 1521, racchiude anche la storica farmacia settecentesca realizzata da Bartolomeo Vecchione; essa, quasi del tutto intatta, è composta da due sale con l'originaria scaffalatura in legno, sulla quale, sono presenti circa 400 preziosi vasi in maiolica dell'epoca, realizzati dal famoso ceramista Donato Massa.

Gli "Incurabili", "l'Annunziata", l'ospedale di "S. Gennaro extramoenia" ed i "Pellegrini" ebbero una rinomanza in tutta Europa: lo si evince dai diari di colti viaggiatori dell'epoca che lodavano la loro efficienza.

Alcuni di questi ospedali furono ospedali di formazione e di alta specializzazione, come il Collegio Medico-Cerusico degli Incurabili, vero cenacolo illuministico, dove nel XVIII secolo primeggiò la figura di Domenico Cirillo, scienziato e patriota giustiziato per le sue idee repubblicane.

In questi ospedali fiorirono maestri ed intelligenze dello stampo di Cotugno, Sarcone, Amantea, Chiari, Santoro, Boccanera, Scotti e de Horatiis. I loro trattati, gli articoli scientifici conservati nelle antiche biblioteche e negli archivi ospedalieri, sono sorprendenti per l'accuratezza delle osservazioni, l'intuizione clinica, l'audacia degli interventi e l'attenzione ai risultati.

In ciò la Scuola Napoletana non fu seconda alla cultura medica dei migliori stati europei. L'equilibrio e la moderazione nell'esercizio professionale, insieme al rispetto dell'autentica tradizione ippocratica, furono la connotazione della Scuola Medica Napoletana.

Purtroppo di questi primati di queste glorie non è rimasta, per un perfido disegno dei conquistatori piemontesi, neanche l’eco nella memoria storica post unitaria del nostro Paese.
6/9/2019
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