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La favola di Maradona
La sua storia a puntate - 6
di Mimmo Carratelli
Diego Maradona nel Boca Juniors (Foto tratta dal sito ufficiale www.diegomaradona.com)
Hola, nene. Il 1980 è l’ultimo anno nell’Argentinos Juniors. “Los bichos”, le bestiole, così chiamano i suoi giocatori. Segni il gol numero 100 contro il San Lorenzo. Un difensore matto del Colo Colo, in un’amichevole a Santiago del Cile, all’ultimo minuto quasi ti spacca il ginocchio destro. Devi andare all’ospedale, in ambulanza.
Il gioco si fa duro, la fanciullezza è alle spalle. Hai solo vent’anni, ma sei il bersaglio di tutti. Jorge Cyterszpiller coordina le giovanili dell’Argentinos, ti ronza attorno, avete fatto amicizia e un giorno gli dici: “Ehi, zuccone, perché non ti occupi delle mie cose?”. Detto fatto. Jorge è il tuo primo manager, è anche un amico. Spesso vai a dormire a casa sua, a La Paternal. Giocate a scarabeo, sei uno di famiglia.
All’Argentinos le cose non vanno bene. Sbagli un rigore e insultano tuo padre. Questo non lo sopporti. Papà Chitoro è il tuo vecchio, l’uomo che ha rinunciato alle barche per lavorare duro al mulino Tritumol, dodici ore al giorno, per l’immensa famiglia che ha sulle spalle, otto figli.
Vuole far soldi l’Argentinos e tu sei un vero tesoro. Il presidente del River, Aragòn Cabrera, ti vuole nel suo club. L’Argentinos chiede tre milioni di dollari, la tua quotazione sale ogni anno, e ora sei campione del mondo juniores dopo l’impresa di Tokyo. Ma il River non ti piace e papà Chitoro ti racconta d’avere sognato che giocavi nel Boca Juniors. E’ stata la vostra squadra, il Boca, quando andavate a vederla giocare alla Bombonera prendendo il tram, e tu eri solo un ragazzino.
Ti piace il Boca e pensi proprio d’andarci. Lavori di cervello e inventi una bugia per i giornalisti. “Non firmo per il River perché mi ha chiamato il Boca”. Non è vero niente, ma al Boca si eccitano. Non gli pare vero di averti. Vuoi proprio andarci? E tu gli dici di sì.
Il Boca è tra le squadre più popolari d’Argentina, fondato dal siciliano Esteban Baglietto quand’era il 1905, nel rione dei genovesi emigrati a Buenos Aires. E si chiamò Boca perché ebbe la prima sede sulla darsena allo sbocco (boca) del Riachuelo, un fiumiciattolo che andava a perdersi nel Rio de la Plata, l’estuario più largo del mondo, fino a 220 chilometri fra la riva argentina e quella uruguayana, col grande porto di Buenos Aires aperto sull’oceano.
Curiosamente, la squadra prese i colori dalla bandiera della prima nave che i fondatori videro nel Rio: era svedese e i colori furono giallo e blu. Così nacque la maglia blu con la fascia orizzontale gialla.
Era un rione di matti la Boca, artisti e prostitute, e lavoratori portuali. La Bombonera accrebbe il mito della squadra di calcio. Costruita nel 1938, quando sorse stretta fra le povere case di lamiera del quartiere, trasferita nel 1957 al centro del quartiere, ristrutturata nel 1996 per 80mila spettatori, le pareti esterne decorate dall’artista plastico Pérez Celis con la storia della società di calcio e del rione. Da ragazzo, ti mancava il fiato a vederla. Urlava la folla, definita “la doce”, il dodicesimo uomo in campo: “Ogni giorno ti voglio più bene, Boca Juniors. Sei un sentimento, non mi posso fermare”. E lo slogan era: “Il Boca è metà Argentina più uno”.
Pancho Varallo ne era stato un formidabile artillero, Piranha Sarlanga il centravanti più formidabile, Boyè l’ala atomica, Alfredo Rojas il “tanque”, carrarmato, e Antonio Ubaldo Rattin, difensore insuperabile, l’idolo della cancha, con Silvio Marzolini, terzino sinistro di grande classe, figlio di un carpentiere udinese. Una storia bella e grande fino alla rivalità tra il Boca di Angelillo, il ballerino del gol che venne all’Inter per 90 milioni di lire nel 1957, e il River di Sivori, il cabezon inimitabile, il sinistro più fantastico e maligno della storia del calcio, che si trasferì nello stesso anno alla Juventus. Tu, Dieguito, non eri ancora nato.
Il problema è che il River ha i soldi e il Boca neanche un pesos. Ma tu vuoi il Boca. Trenta ore di trattative ti portano alla squadra amata. L’Argentinos ti trasferisce in prestito, dal 20 febbraio 1981 al 30 giugno 1982, per 4 milioni di dollari (4 miliardi di lire) più una vagonata di giocatori che erano rappresentati, guarda tu le coincidenze della vita, da Guillermo Coppola. Firmi il contratto davanti alle telecamere di Canal 13 col presidente del Boca Martin Benito Noel. E’ un contratto di quattro pagine con cavilli e corollari. Il Boca si dissangua. S’impegna anche ad assumersi il debito di 400 milioni di lire che l’Argentinos ha con la Federcalcio argentina. Il tuo ingaggio è pari a 600 milioni di lire, più 720 milioni di stipendi per due anni, premi per 250 milioni e 600 milioni di premio per le amichevoli. Nasce La “Maradona Producciones” con Jorge Cyterszpiller. La Toyota propone un miliardo e 200 milioni di lire per potere accoppiare la tua foto all’ultimo modello delle sue auto.
Il Boca si dissangua. Tu gli dai il tuo cuore e il sinistro d’incantesimo. Vedremo come andrà.
16/5/2004
  
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