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Recensioni
Un detective di nome Morgana
di Anna Maria Siena Chianese
Se una notte d’inverno un viaggiatore si trovasse a percorrere i luoghi lungo i quali ci inoltrano gli autori del romanzo: Il sangue macchia, Sir, sarebbe indotto alla ricerca dei diversi destini che vi si incrociano, e non sulla base di una comune identità.

I personaggi del bel libro di Costanza Durante e Giovanni di Giamberardino, edizioni Neri Pozza 2018, si trovano insieme in un ambiente che sembra definirne, loro malgrado, i ruoli e il tema indugia a delinearsi nella sua variegata trama, quasi i protagonisti volessero rimandare il momento di assumere essi stessi una fisionomia definita.

Ecco il Principe, il Conte Vittorio Maria Canton di Sant’Andrea al quale tutti danno il titolo di Principe nel nome del merito e della stima, aspirante detective a tempo pieno, spesso disoccupato con conseguenziale perdita di autostima.

Accanto, ma non in secondo piano, l’ineffabile Gelasio, maggiordomo per eredità di casato e spirituale e convinto aiuto-detective del principe.

La riottosa e carnalmente affettuosa zia che pagherebbe con l’insonnia le tensioni personali e familiari se non fosse per il Tavor: zia Magda, la cui sfaccettatura tra il brusco e una quasi carnale disponibilità val bene un elogio particolare agli autori perché non vi manca nessuno degli ingredienti dell’ironia, appena pervasa da un humour mai corrosivo.

La sua abilità politico-familiare dà l’impressione di voler tenere a bada il nipote e insieme di volergli stare accanto, di voler girare le carte e cominciare tutto daccapo, ma senza di lei o di rendere più incisivo il proprio ruolo… ed è il lettore che deve acuire il suo spirito di osservazione riconoscendo alla zia Magda il ruolo di colonna portante del sistema nel quale s’inquadrano gli altri.

La trama via via si dipana con cambiamenti di scena, ma con un comune obiettivo che il lettore scoprirà nel corso dello scambio di sollecitazioni tra i luoghi e i loro frequentatori e via via che si aprono le cornici che inquadrano le vicende facendone germogliare il senso.

È d’obbligo invitare il lettore a partecipare, a entrare nella trama abitata dai personaggi incasellati nel loro cruciverba che qualcuno risolverà: ogni casella una storia, e che si tratti di storie simbolo o di emblemi autonomi tra loro sta agli autori definire, ma al lettore indagare.

Nessuna imposizione e nessuna guida dall’esterno per trovarne il bandolo: tocca a chi legge montare il testo nell’ambiente che defluisce e confluisce con naturalezza nelle figure, nei loro stati d’animo, nella struttura generale del discorrere talora matematico, più frequentemente pervaso da un asciutto humour tutto da scoprire e cogliere a volo.

Un Conte chiamato ossequiosamente Principe da tutti, malgrado la sua personalità sembri disfarsi a ogni caduta d’ ideali, da quella di detective a quello di innamorato rinunciatario e deluso è un uomo generoso di sé, un uomo antico all’antica e per lui sopravvivere significa anche analizzare con sé stesso che cosa l’abbia condotto a sentirsi fallito, quasi un escluso dalla società alla quale appartiene per nascita, per cultura, per frequentazioni.

A suo modo se ne sente sostenuto, perso com’è nei suoi sogni di gloria o, forse più appropriatamente, alla ricerca di un riconoscimento, o anche solo di un autoriconoscimento di valore e di una soddisfacente notorietà che gli venga assicurata dal successo.

Se per una volta è stato autore di cruciverba col nome di Cher lo Colmes, abitante della casella Il figlio del re, il nome ‘elementare’ della casella incrociata è Watson, il collaboratore del più grande detective di ogni tempo.

Vittorio Maria non cerca fama né onori che vadano oltre le sue doti di investigatore, il solo obiettivo che voglia raggiungere. Niente intrecci troppo arditi per il dolce Principe decaduto, anche se non mancano nella sua vicenda incroci ravvicinati col mondo del crimine al quale s’intreccia quello dell’arte.

Il testo è un susseguirsi di allusivi riferimenti e di eventi reciprocamente dipendenti, o incasellati gli uni negli altri: gli autori ci portano quasi per mano a viverli per poi ampliare la cornice e dispiegarci dinanzi l’apparente grand guignol delle scene madri.

Il mondo dell’arte, scelto come sfondo d’ ambiente, mostra la sua vacuità dalla stessa composizione dei quadri, dalle cornici, da quel sotto il vestito niente che anni fa toccò il modo della moda: senza remissione di colpe a quel niente che diventa un tutto e assorbe in sé l’individuo…

Ed ecco le scene madri, ecco le generazioni farsi posto l’un l’altra nel lento migrare del sangue che ridiventa vita, rifiutandosi di debordare nonostante la stanza ne sia colma…. ecco la scena finale e le generazioni che si rinnovano e insieme vi coesistono mentre il sangue, ancora una volta, scorre irrorando l’ambiente di vita…

Che altro dire?
Forse solo quest’acume di pensiero e di scrittura può far da cornice senza tempo al misterioso rinnovellarsi della vita e del sangue che vi circola tenacemente, generosamente.

I personaggi appartengono alla sfera classica della letteratura, ma sono del tutto imprevedibili nei comportamenti rispetto ai loro analoghi. Citiamo per tutti l’antico ed esemplare maggiordomo Jeeves, che non è Gelasio come Sir Vittorio non è Bertie…

Conscio della propria posizione nella famiglia, Gelasio ne è al servizio e al timone: Il maggiordomo è lui, tutto e nessuno, vile ed eroe, divertente e grottesco ma convintamente legato al suo Principe, forse più che all’amore perduto del quale non cede al rimpianto.

L’humour, come già detto, sfiora con misura la trama, privo di quella talvolta aggressiva e fasulla vaporosità legata al termine che del resto nessuno si aspetta ma ben più consistente, tanto da affidare a una frase il ruolo di bandolo di scioglimento di misteri futuri e passati.

Morgana, la celebre detective dagli occhi di ghiaccio che impera su tutti i suoi colleghi, offre al principe di collaborare con lei ma Sir Vittorio non è principe per caso. La sua onestà intellettuale gli impone di rifiutare l’incarico, ma per sentirsi rispondere da Morgana con una frase della quale far tesoro, e non solo come detective: Ma, Vittorio caro, per un detective l’importante non è essere quello che scopre la verità, ma colui che la fa venir fuori.

Come dissentire?
Il Principe, zia Magda, Gelasio, destini incrociati tra loro come in un cruciverba dissacrante dove il sangue macchia ma si rinnova e rifluisce nella vita che contestualmente le scorre accanto.

ll Principe decaduto, punto focale della narrazione, torna in auge sulla piazza dell’investigazione privata. La donna che ne è regina non può che chiamarsi Morgana: e sarebbe affascinante perdersi lungo quest’altro luogo determinante di destini incrociati dove gli autori sembrano invitarci, provocandoci fin dalla soglia.

La scritta sulla porta dello studio investigativo: Noi già lo sappiamo è tutto un programma di autoconsapevolezza degno di una donna che si chiami Morgana e che sa già tutto ancor prima di investigare… e se Mago Merlino collabora con lei non c’è motivo di non crederle.

9/10/2021
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