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Calcio
Il calcio virtuale al tempo del coronavirus
di Mimmo Carratelli (da: Roma del 30.03.2020)
Si fantastica di allenamenti e di come salvare la stagione del calcio. Nella riunione di Uefa, ECA (European Club Association) ed European Leagues è stato dettato il calendario: concludere i campionati nazionali giocando in giugno con le partite di Champions ed Europa League da metà luglio.

 In Italia si litiga. C’è chi vuole riprendere il campionato in luglio (le Coppe in agosto) e chi dice basta, annulliamo tutto. Il presidente della Federcalcio Gravina dice: “Giocheremo in luglio e agosto”.

La scadenza delle restrizioni imposte dal governo italiano per il coronavirus è prevista per il 31 luglio, salvo un anticipo del termine per un più favorevole decorso del contagio. Questo cancellerebbe ogni ipotesi di portare a termine la stagione in estate. E che senso e quale valore tecnico avrebbe un campionato da concludere a tappe forzate con partite ogni 48 ore?

Con i calciatori tappati in casa, tranne quelli che scappano all’estero (Douglas Costa dopo Higuain), si discute intanto di taglio ai loro stipendi. E addirittura di prossima campagna-acquisti col coronavirus non ancora debellato. Paginate di giornali, informazioni di fantasia, rimembranze e cha-cha-cha. Il calcio giocato ha lasciato un grande vuoto nell’informazione sportiva.

In mancanza del presente, si racconta il passato. Spupazzato in tutte le salse il calcio-scommesse del 1980 (siamo al quarantennale!). Rispolverate altre ricorrenze, le più felici. Trent’anni fa i Pooh vincevano il Festival di Sanremo. Vent’anni fa Schumacher campione del mondo di Formula uno con la Ferrari, alle “rosse” non succedeva da un ventennio. Dieci anni fa l’Inter di Mourinho vinceva tutto (ah, il triplete!).

Se la stagione calcistica verrà cancellata, senza alcuna possibilità di conclusione, le delusioni maggiori sarebbero quelle della Lazio e del Benevento.

DELUSI

La Lazio (a un punto dalla Juventus) perderebbe l’opportunità di lottare per lo scudetto vent’anni dopo il suo secondo tricolore. Nel 2000 vinse il campionato con un punto sulla Juve. Era la Lazio di Eriksson con Luca Marchegiani, Boksic, Sergio Conceiçao, Nedved, Nesta, Verona, Salas, Mihajlovic, Sensini, Roberto Mancini, Simone Inzaghi.
Più dell’Inter, la Lazio (che ha battuto la Juve due volte: 3-1 in campionato all’Olimpico, 3-1 a Riad nella Supercoppa) è sembrata la squadra capace di interrompere la serie di otto scudetti consecutivi dei bianconeri.
Sarebbe spezzato anche il sogno di Ciro Immobile (27 gol in ventisei partite): vincere il titolo di capocannoniere col record di segnature (Higuain 36 reti col Napoli 2015-16).

Al Benevento verrebbe a mancare una serie A strameritata. Ha dominato il campionato di serie B che conduce in testa (69 punti in ventotto partite) con venti lunghezze di vantaggio sulla seconda (Crotone). Se tutto va a monte, la serie A perderà fra i 550 e i 650 milioni di euro secondo la stima elaborata da Kpmg (le quattro lettere sono le iniziali dei soci fondatori), società specializzata nella revisione e nell’organizzazione contabile.

Il calcio italiano (serie A, B, Lega Pro), quinta industria del Paese, ha sfondato il tetto dei 4 miliardi di debiti (3,6 miliardi per la sola serie A). Si tiene in piedi grazie al credito delle banche e agli introiti dei diritti televisivi (1,2 miliardi all’anno che rappresentano il 40 per cento del fatturato). Il coronavirus l’annienterebbe.

Sta svanendo, per la Juventus, l’effetto Cristiano Ronaldo. La valutazione in Borsa del club bianconero, che era arrivata a un miliardo e mezzo di euro dopo l’acquisto dell’asso portoghese, è precipitata a 950 milioni. CR7 percepisce uno stipendio annuo di 31 milioni di euro (il monte-ingaggi complessivo della Juventus è di 137 milioni).

PROGETTI Si continua a vaneggiare. La più giovane rivelazione della Fiorentina, Castrovilli, è sul mercato a non meno di 40 milioni. Per la crisi economica che investirà anche il calcio, pare che salterà il fair-play finanziario. Spese pazze per tutti. Si fanno programmi come se niente sia successo.
I giornali sportivi sparano sogni che sembrano assurdi mentre i campionati di tutto il mondo sono stati fermati, gli Europei rinviati di un anno, rinviate le Olimpiadi di Tokyo che sarebbero dovute iniziare il 24 luglio.
Mentre ci sono calciatori contagiati dal Covid-19 e intere squadre sono in quarantena, c’è chi disegna “un’Inter mondiale” per ridurre il gap dalla Juve e annuncia l’arrivo in nerazzurro di Tolisso per 35 milioni.
Senza dimenticare Olivier Giroud, 34 anni, il cui contratto col Chelsea scade a giugno. Se ne andrebbe Godin, poche presenze e un ingaggio netto di 5,5 milioni, il secondo più pesante della “rosa” interista.
E torna la grana-Icardi: il Paris Saint Germain non riscatterebbe il giocatore per 70 milioni restituendolo all’Inter.
Il calcio deve continuare, la vita non si è fermata per sempre. Si riparla di Gigio Donnarumma (stipendio annuo netto di 6 milioni) il cui contratto scade nel 2021 e potrebbe lasciare il Milan. Per il dopo-Gigio il nome è sempre lo stesso: l’argentino dell’Udinese Juan Musso.
Ibrahimovic non sarebbe più felice di restare al Milan. I giornali sportivi riferiscono i programmi della Roma che ha messo gli occhi sul giovane talento dell’Ajax Ryan Graverbech, centrocampista di 17 anni, 12 milioni di euro il prezzo-base. Intanto, è in stand-by il passaggio di proprietà da Pallotta al magnate di Chicago Friedkin ed è in discussione la cifra di 700 milioni per la cessione del club.

IL NAPOLI
Sembrano in partenza Koulibaly (il Manchester United spinge nonostante la clausola di 150 milioni per il difensore senegalese); Fabian Ruiz cedibile per non meno di 100 milioni (pagato 30 milioni due anni fa), in lizza Real Madrid, Barcellona e Manchester City; Allan sempre attratto dal Paris Saint Germain; Milik piace al Milan.
Il Napoli pensa ad altri centravanti dopo avere già preso Petagna: l’iraniano dello Zenit Sardar Azmoun, 25 anni, 1,86; il francese Jean Philippe Mateta, 23 anni, 1,90, in forza alla squadra tedesca del Magonza; il serbo Luka Jovic, che il Real Madrid ha preso quest’anno dall’Eintracht Francoforte per 60 milioni, ma gioca poco con i “blancos”.
Nel carnet di Giuntoli ci sarebbe ancora l’ivoriano Boga, 23 anni, veloce esterno del Sassuolo. Occhi sullo spagnolo Marc Cucurella, 21 anni, del Getafe, che potrebbe essere il sostituto di Callejon, (gradito all’Atletico Madrid).
Si costruirà un nuovo Napoli, chissà. Al momento con un 4-2-3-1 il Napoli potrebbe schierare Meret; Di Lorenzo, Manolas, Maksimovic, Ghoulam; Demme, Lobotka; Politano, Mertens, Insigne; Petagna. Ma bisognerà sentire Gattuso.
I tifosi pretendono un più affidabile esterno sinistro di difesa (Ghoulam ce la farà mai?), un centrocampista di grande personalità (ritorna il nome di Veretout), un attaccante da venti gol. E quale sarà il modulo tattico? Il 4-3-3 o un più affidabile 4-1-4-1? Chi vivrà vedrà.
Il pallone è fermo in tutto il mondo. Le società non sono ferme. Ma sembra tutto un gioco assurdo. Senza partite, senza polemiche, senza Var, senza Champions, senza Europei, andiamo a pescare nell’archivio alcune curiosità.

ECCEZIONI
Non ci sono solo i campionati sospesi per la seconda guerra mondiale e, oggi, per il coronavirus. Ci sono state clamorose eccezioni per arrivare a comporre il primo campionato di serie A a girone unico (1929-30). In precedenza, la serie A definita Divisione nazionale si giocava in due gironi.
Nel campionato 1926-27, il primo su base nazionale, il Napoli, che era appena nato (25 agosto 1926), fu inserito nel girone A con Juventus, Internazionale, Genoa, Casale, Pro Vercelli, Modena, Hellas Verona, Brescia e Alba Roma.
Nel girone B giocarono Alessandria, Andrea Doria, Bologna, Cremonese, Fortitudo Roma, Livorno, Milan, Padova, Sampierdarenese, Torino. Nei due gironi, composti da dieci squadre, retrocedevano le ultime due di ogni girone.
Il Napoli si piazzò ultimo con un punto, 0-0 col Brescia, e diciassette sconfitte. Per non escludere la squadra della metropoli campana, il campionato successivo (1927-28) fu allargato a undici squadre per girone col Napoli riammesso.
Nel nuovo campionato 1927-28, le retrocessioni passarono a tre e il Napoli finì terzultimo nel girone con Torino, Genoa, Alessandria, Milan, Brescia, Pro Vercelli, Cremonese, Padova, Lazio e Reggiana. Ulteriore escamotage: il campionato della stagione successiva (1928-29) fu portato a sedici squadre per girone: col Napoli venne ripescata anche la Lazio penultima.
Il campionato 1928-29 fu definito di transizione per arrivare l’anno dopo alla serie A a girone unico al quale sarebbero state ammesse le prime otto squadre dei due gironi. Quindi, la prima serie A era prevista a sedici squadre. Divenne a diciotto.
Era successo che Napoli e Lazio, nel girone B, erano finiti alla pari all’ottavo posto e dovevano disputare lo spareggio perché una delle due squadre fosse ammessa al girone unico previsto per il 1929-30. Il primo spareggio si giocò a Milano (23 giugno 1929). In Galleria Umberto venne organizzata una rudimentale radiocronaca.
La partita finì 2-2. Fu fissato un altro spareggio a Padova, ma nessuna delle due squadre volle giocarlo. Problema: si potevano lasciare Napoli e Lazio fuori dalla prima serie A a girone unico? Non si poteva. Il primo campionato a girone unico fu allargato dalle 16 squadre previste a 18. Napoli e Lazio furono ripescate insieme alla Triestina (nona nel girone A) per motivi storici.
Nel primo campionato a girone unico, il Napoli di Garbutt si piazzò onorevolmente al quinto posto e fu la fine delle stagioni nere.

CAMPIONATO FANTASMA

Nell’estate del 1943, le vicende della guerra ebbero una svolta ancora più drammatica. Città bombardate violentemente, lo sbarco degli Alleati in Sicilia, la caduta del fascismo. A settembre l’armistizio. L’Italia spaccata in due. Il Centro-sud occupato dagli anglo-americani, il Nord sotto il dominio tedesco.
La Federcalcio, trasferitasi da Roma al Nord, per la stagione 1943-44 dette vita a un campionato con un numero imprecisato di squadre. I calciatori giocarono dove poterono, anche in squadre di altri club rispetto alle società di appartenenza. Una fase finale di quella competizione venne programmata a fine luglio a Milano.
Le notizie sono confuse. Sembra che a Milano fossero presenti sei formazioni: Ambrosiana, Ampelea di Trieste, Montecatini, Torino, Venezia, Vigili del fuoco di La Spezia (lo Spezia Calcio era confluito nei Vigili per motivi economici).
Vinsero questi ultimi. Nella squadra spezzina giocò il genovese Bruno Gramaglia che era stato nel Napoli dal 1938 al 1943 e, dopo la guerra, tornò a vestire la maglia azzurra dal 1949 al 1955: col Napoli, dov’era giunto a 19 anni, 273 partite, un fedelissimo.
La squadra ligure batté il Grande Torino 2-1 che schierò questa formazione: Griffanti (che era della Fiorentina); Cassano, Piacentini; Loik, Ellena, Gallea; Ossola, Piola (che era della Lazio), Gabetto, Mazzola, Ferrari II.
Non fu un campionato ufficiale, nessun titolo assegnato. La squadra dei Vigili del fuoco di La Spezia venne semplicemente proclamata vincitrice del campionato di guerra 1943-44.

LA RIPRESA
La seconda guerra mondiale interruppe il campionato di calcio per due stagioni (1943-44 e 1944-45). Il primo campionato, dopo la guerra, si disputò in due gironi nel 1945-46, un girone dell’Alta Italia e il girone del Centro-Sud col Napoli. Quindi, girone finale con le prime quattro formazioni dei due gironi e vittoria del Torino (quinto il Napoli).
Nel 1946-47 si tornò alla normalità con una serie A a venti squadre. Furono ammesse le squadre che avevano giocato il girone Alta Italia dell’anno precedente. Erano 14 ma divennero tredici perché Andrea Doria e Sampierdarenese si fusero nella Sampdoria. Del girone del Centro-Sud vennero ammesse 7 formazioni su undici (rimasero fuori Palermo, Salernitana, Siena e Anconetana). Il Grande Torino vinse il terzo dei suoi cinque scudetti di fila.

 
29/3/2020
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