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La favola di Maradona
La sua storia a puntate – 108
di Mimmo Carratelli
Con la sconfitta contro il San Lorenzo (4-6), a inizio dicembre del 1995, le cose cominciano a girare male perché il Boca perde la testa della classifica, perché il club cambia presidente e Mauricio Macri è il nuovo padrone che non ti garba, perché ogni volta che c’è l’antidoping tutti aspettano il tuo nome, pibe. “Sono sempre nell’occhio del ciclone” dici.

E, allora, per non nasconderti più, per dire la verità in faccia a tutti, per toglierti un peso di dosso, forse anche per tentare di salvarti o solamente per essere sincero, ecco, a inizio gennaio 1996, la lunga intervista al settimanale argentino “Gente”.

Il nostro cuore trema. La tua verità è una lama che affonda nei nostri sogni, che lacera anime affezionate, che distrugge illusioni e speranze, che ci pone per la prima volta senza più veli, dubbi e ipocrisie di fronte al tuo dramma.

“Sono stato, sono e sarò un tossicodipendente”.

La confessione cruda e crudele, asciutta, essenziale, senza alibi, senza scusanti, ripresa dai giornali e dalle televisioni di tutto il mondo, ci inchioda alla pesante realtà che abbiamo voluto sempre ignorare per salvare una favola, ma anche per il troppo amore per te, Diego. Voci e sussurri li abbiamo sempre allontanati sperando che non fossero veri. Altri, forse, sapevano, ma coprivano tutto per averti in campo, per vincere, per riempire gli stadi.

Sei rimasto solo in una battaglia disperata. Incapace di farti aiutare e nessuno capace di aiutarti. Li ricordo bene i giorni difficili di Napoli, gli allenamenti saltati, le partenze rinviate e tu chiuso in una stanza, in via Scipione Capece, quando non volevi vedere nessuno, la vergogna addosso, ma ancora più forte il vizio al quale ti consegnavi senza rimedio. La tua resa giorno per giorno.

“Sono stato, sono e sarò un tossicodipendente”.

Lo sapevamo senza volerlo sapere. L’antidoping italiano, l’antidoping in America, l’arresto a Buenos Aires, tutto era contro il nostro cuore che continuava a dire no, non può essere, non deve essere così. Lo sapevamo e continuavamo a proteggerti nel modo sbagliato. Il nostro affetto non avrebbe mai risolto il problema.

L’occasione della verità nuda e cruda è la campagna “Sole senza droghe” di cui ti fai paladino. Sei il testimonial principale. Vuoi dire tutta la tua verità perché la tua sofferenza, il tuo rischio altissimo, la tua perdizione siano di monito ai ragazzi di tutto il mondo attratti dalla droga. Vuoi urlare il tuo dramma ai ragazzi argentini perché si salvino.

“La droga è dietro l’angolo, è dappertutto e non voglio che la prendano i ragazzi. In Argentina c’è molta droga. Perciò esco allo scoperto, confesso la mia assuefazione alla cocaina. Il business della droga è troppo grande perché Maradona riesca a fermarlo. Ma avevo il dovere di parlare”.

E’ la premessa alla tua lunga confessione. Ti autodenunci e spieghi. Racconti i tuoi giorni neri. Racconti l’inizio, l’illusione dell’ebbrezza e poi il vizio irrinunciabile, l’euforia che perde di valore e sopraggiungono il vuoto, la vergogna e la solitudine, racconti la tua doppia vita, la pazzia, il burrone nero in cui sei precipitato, racconti gli incubi e le lacrime.

Hai rischiato la vita e racconti. Ora sappiamo di quel giorno di marzo del 1995 nella suite 1601 dell’Hotel Panamericano a Buenos Aires quando finisti in coma per l’uso eccessivo della cocaina. Molte cose sappiamo ora, nascoste o solo sospettate a suo tempo. Molte cose racconti e abbiamo i brividi.

Che cosa è stata la tua vita, pibe, mentre le luci della ribalta erano ancora accese? E’ stata un inferno. E’ stata il gioco più pericoloso del mondo, un gioco da ricco, cominciato per curiosità, che ha finito per schiacciarti.

La tua confessione disperata può solo intenerire. Chi ti vuole bene non ha altro sentimento. La tua è la resa dichiarata di un uomo sconfitto, e per i vinti si è sempre invocata pietà.

Tu non chiedi nulla. Non chiedi pietà. Non chiedi solidarietà. Racconti il tuo dramma perché meno drammi per la droga ci siano nel mondo. Preghiamo per te perché il tuo dramma abbia fine.

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26/7/2005
  
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