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Recensioni
“Pianoforte vendesi”, onestà riacquistasi
Favola con morale nella magia di una festa del popolo
di Emanuela Cicoira
Su quel ramo del lago di Como che volge verso oriente, sta la Bellano che ha dato i natali all’affermato scrittore Andrea Vitali, il quale, fedele, ricambia ambientandovi quasi tutti i suoi romanzi.

L’ultimo è più un racconto lungo che un romanzo. Lo ha appena pubblicato la Garzanti, si intitola “Pianoforte vendesi”, e la Bellano dalle finestre vistalago, città degli Arrigoni Giuseppe, delle signorine Tecla Manzi e delle modiste, comprensiva di “olive” e di “cappelli almeno”, stavolta la fa da padrona in virtù dell’atmosfera di ovattata sospensione tipica della festa paesana dell’Epifania, durante la quale si svolge la singolare avventura del protagonista.
 
1966. Il Pianista non è un pianista nel senso di suonatore dello strumento musicale in questione; tutt’al più è pianista nel senso che sfila piano portafogli e altri oggetti personali dalle tasche di malcapitati passanti, vale a dire è un ladro, chiamato così per le sue dita lunghe e affusolate.

Proveniente da chissà quale paesino in relativa prossimità del suddetto noto lago (arriva a ora di cena col treno da Sondrio), si prepara a una serata di fruttuoso “lavoro”, le strade preannunciandosi affollate per via della tradizionale processione dei Re Magi(ci?); le case, di conseguenza, vuote; gli autoveicoli felicemente incustoditi.

Fa freddo, il cielo è cupo. Non che ci si aspettasse di vedervi davvero la Cometa, ma a malapena l’ombra di una stellina microscopica buca la coltre notturna di nubi. Eppure c’è aria di festa, i locali sono pieni. Un profumo di eccezionalità si mescola all’aroma della trippa e delle altre prelibatezze gastronomiche destinate alla ricca cena dell’Epifania.

Avete presente Carnevale? Ecco, anche se Carnevale è più universale, meno legato a uno specifico luogo – pur celebrandosi diversamente di città in città –, certe ricorrenze di paese ne riprendono lo spirito: “per una volta tutto è permesso”, un po’ come nella “Sagra del Signore della Nave” descritta da Pirandello, lui che di tradizioni e di ritualità popolare se ne intendeva…

L’artista del borseggio e del furto con scasso vaga con le peggiori intenzioni in questo clima da Bianco Natale quasi finito. Ha ispezionato i luoghi adatti, messo a fuoco gli obiettivi. Mentre attende l’ora giusta, abbuffandosi di trippa al sugo e di vino rosso nella migliore osteria della città, gli torna un pensiero.

Durante il giro di ricognizione iniziale, un cartello, “Pianoforte vendesi”, attaccato a un portone mezzo aperto, ha attirato la sua attenzione. “Sorride. A lui lo chiamano il pianista. Perché non rubasi?, si dice”… Pura fantasia, naturalmente. Capriccio irrealizzabile.

Senonché una nevicata compromette la processione dei Re Magi, con conseguente fallimento del colpaccio del Pianista. Il quale, perso per perso, finisce col tornare in quel portone, salire le scale, e ritrovarsi in un appartamento stranamente aperto. Almeno vediamolo, il pianoforte “vendesi”, pensa. Chissà che in casa non ci sia qualcosa di più maneggevole da trasportare…

Non c’è. C’è invece una vecchina pazza che si mette a cianciare di musica, di lei che era innamorata della musica, del fatto che nel mondo tutto è musica… Il Pianista non solo non ha combinato niente, si è anche cacciato in un bel guaio: quella vuole sentirgli suonare un valzerino, figurarsi! lui, che le mani da pianista le usa solo per rubare!…

A volte nella vita accadono cose strane. Uno non fa in tempo a chiedersi perché ora, perché qui, perché io, che già si ritrova cambiato; che già si fa cogliere da una vertigine – io chi?…

In una notte infinita in cui le anime dei morti festeggiano coi vivi la manifestazione del Cristo ai Re Magi, c’è chi aspetta e c’è chi torna, chi è concreto e chi fantastica, chi si ubriaca e chi non è mai stato così lucido.
 
Le figure del maresciallo, del brigadiere, dei vicini di casa, sembrano uscite da un film in bianco e nero; sospese in un passato indefinito, si muovono su un altrettanto indefinito confine tra il lecito e l’illecito. E la scrittura di Vitali, lieve e sommessa come la neve che non si capisce se sia mai caduta, posa sulle cose del racconto un velo di mistero; sul velo di mistero un manto di realismo magico.

Questi nipotini dei personaggi di Buzzati sono creature affascinanti. A Bellano una volta all’anno i morti ritornano: noi, come il maresciallo di Bellano, per una volta possiamo credere nei fantasmi…

24/12/2009
  
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