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La favola di Maradona
La sua storia a puntate – 135
di Mimmo Carratelli
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Era tempo che il Napoli ritirasse la maglia azzurra numero 10, un omaggio d’affetto per un ricordo memorabile ed eterno, caro pibe delle stagioni felici. Memoria di un amore e di una passione insostituibili.
E’ stato un gesto dovuto dopo che quel 10, negli anni della nostra decadenza, è finito su spalle fragili con la sola parentesi di Gianfranco Zola, il tuo discepolo che, a Soccavo, si metteva in porta per parare i tuoi tiri, intento soprattutto a rubarti i segreti delle traiettorie d’incantesimo.
Il 10 rimarrà solo e sempre il tuo numero, Diego, il numero fatato delle tue magìe. In altri tempi favorevoli, era stato il numero di maglia di Vinicio e di Sivori, ma anche del piccolo e simpatico Dirceu e, in piena umiltà, di Antonino Criscimanni.
Durante i tuoi anni azzurri, caro Diego, nelle domeniche degli infortuni e delle squalifiche, il 10 fu consegnato a tre napoletani, Ciro Muro, Gigino Caffarelli e Tonino Bucciarelli, schiacciati dall’emozione, al friulano Paolo Miano, al delizioso Ciccio Romano, al fido Nando De Napoli, al compagnone Bagni e all’artistico Massimo Mauro.
Poi il 10 è toccato a Corini, Benny Carbone, Fausto Pizzi, al brasiliano bevitore di birra Beto, al riminese Igor Protti, a Claudio Bellucci, azzurri di passaggio. Il 10 magico tramontava fra malinconie e fallimenti.
Intanto, pibe, come va la tua vita a Cuba mentre siamo arrivati al settembre del Duemila? Una novità c’è sempre. La rivela Guillero Coppola. Alla guida del tuo fuoristrada sei finito contro un autobus cubano! Dice Coppola: “Diego si è salvato perché aveva la cintura di sicurezza. Aveva imparato a utilizzarla in Italia”.
Il fatto è che, a Cuba, i controlli si sono allentati. Entri ed esci a piacimento dalla Pradera, la clinica dove ti stai curando. I giornali segnalano notti di rum e sigari nei locali dell’Avana, sei diventato un ospite fisso alla “Habanera”. Il dottore Cahe dice che dovresti lasciare Cuba: “Diego deve ricoverarsi in un centro clinico con norme più rigide, deve restare isolato e sottoporsi a un radicale trattamento psicoanalitico”.
“Sto bene e tra dieci giorni sarò a Buenos Aires per la presentazione del mio libro ‘Io sono El Diego’ e poi vedremo” è il tuo annuncio a metà settembre.
Si parla della tua partita d’addio a Napoli. Siamo tutti in attesa. “Per ora non è stato raggiunto un accordo definitivo”.
A sorpresa, il presidente Ferlaino dichiara: “Diego lo sa, non fu ceduto per amore”. Ricordi di baruffe passate. Dice il presidente: “Dopo la finale Uefa di Stoccarda, non volevo che Maradona andasse via da Napoli, anche se glielo avevo promesso. Lo volevo nel Napoli per sempre e rinunciai a un affare di 25 milioni di dollari per la sua cessione”.
Pippo Baudo, che conduce su RaiTre la trasmissione televisiva “Novecento”, ha la bella idea di contattarti in diretta telefonica. “Sono calato di quindici chili” dici “e dovrei scendere di più, ma come faccio? Mi piace mangiar bene”. E’ l’occasione per tanti ricordi. Scorrono le immagini dei tuoi sette anni a Napoli, in sottofondo le canzoni di Pino Daniele. Da Soccavo, Giorgio Corbelli, il socio di Ferlaino nel Napoli dei patimenti, azzarda: “Diego potrebbe fare il consulente del Napoli in Sudamerica”.
Programmi vaghi. Tu dici che hai voglia di tornare a Napoli. “Per restarci”. Ci trema il cuore, ma sappiamo che è molto difficile, quasi impossibile. Ti lasci andare, pibe, al ricordo di quell’ultimo giorno napoletano, quando andasti via. Era la Pasqua del 1991. “Non posso dimenticare la notte in cui io, Claudia e le bambine andammo via da Napoli come se fossimo dei delinquenti. Nessuno deve pensare cose sbagliate, né Ferlaino, né altri. Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per il Napoli”.
A fine ottobre, torni a Buenos Aires, attirato dalla proposta di fare il direttore sportivo dell’Almagro che è ultimo in classifica. Il dottore Cahe è perplesso: “Che cosa deve fare esattamente e come? Diego avrà tempo per continuare le sue terapie?”