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I derby cittadini quando Napoli aveva due squadre
di Mimmo Carratelli
(da: Roma del 18.05.2020)
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In questi ricordi preistorici del pallone a Napoli, abbiamo parlato la volta scorsa del Naples, prima squadra cittadina di un certo livello.
Nel Naples successero cose che voi umani eccetera, eccetera. Si può ipotizzare che, siccome nella squadra si parlavano troppe lingue, dopo sei anni di convivenza finirono col non capirsi più.
In realtà, quei pionieri napoletani del calcio, affinando sempre più l’arte dei piedi, affinarono anche pretese e gelosie, sentimenti molto nutriti alle latitudini meridionali.
Quando non si sopportarono più, alcuni di loro prima puntarono i piedi e poi puntarono baracca e burattini andandosene per fondare una nuova società di calcio.
SCISSIONE
Quei primi scissionisti del pallone, precedendo di dieci anni i più famosi scissionisti del Partito socialista del 1921 che andarono a fondare il Pci, si chiamavano Hector Bayon, Adolfo Reichlin, Francesco Dresda, Augusto Barbati, lo svizzero Emil Steinegger, poderoso difensore centrale di un metro e 90 che, in campo, si lamentava sempre con i compagni (“Ma tieni sempre il balle fra le piede, e passa un poco, sante tiafolo !”), Paolo Scarfoglio e soprattutto Luigi Stolte, il capo della rivolta e campione di canottaggio che nella nuova società ricoprì la carica alla quale ambiva, fare il presidente. Hector Bayon fece da direttore sportivo.
LA COSTOLA
Al Naples non ne fecero un dramma. Emilio Anatra divenne presidente e fu allestita una squadra con maggiore presenza di calciatori napoletani tra i quali lo studente di ingegneria Guido Cavalli in porta, i difensori Gaetano Del Pezzo di Caianiello, futuro docente universitario di geometria proiettiva, il giornalista e polisportivo Mario Argento all’ala sinistra, Carlo Garozzo, lo studente di belle arti, i marchesini Paduli, tre fratelli Bruschini e via così.
Dalla costola del Naples, come si suole dire, e dalla rivolta nacque nel 1911 l’Internazionale, seconda squadra cittadina con l’eccitante prospettiva di infuocati derby, maglia blu notte (i dark blues) e collettino bianco, campo di gioco di proprietà ad Agnano, recintato, con ingresso a pagamento (cinquanta centesimi) e casotto-spogliatoio.
Il Naples lasciò il terreno di via Campegna e si avvicinò ai rivali sistemandosi sui terreni del Tiro a segno ad Agnano.
Il 27 ottobre 1912, madrina la signora Pattison, l’Internazionale inaugurò con spumante e pasticcini il suo campo di gioco rafforzandosi con i migliori stranieri di stanza a Napoli.
Willy Minter, vicedirettore dei negozi inglesi Gutteridge in via Roma, era terzino sinistro (aveva giocato nel Chelsea).
Hans Jenni, uno svizzero biondo, era il più corteggiato dalle ragazze. L’Internazionale mise a segno un colpaccio assicurandosi l’acrobatico portiere Pepè Cangiullo, campione di tuffi in acqua e in area di rigore, e aveva all’ala destra il duca di Serracapriola, velocissimo.
Il nuovo club, definito “una compagnia di aristocratici con contorno di svizzeri e inglesi”, attrasse nella sua orbita personaggi di spicco tra i quali la mezzala Gennaro Fermariello, futuro sindaco di Napoli, e l’ingegnere e canottiere di vaglia e di origini inglesi Alfredo Pattison.
LA SFIDA
L’Internazionale minacciò di offuscare la stella del Naples inanellando una serie di successi. La squadra debuttò contro i marinai della nave inglese “Romanje” e vinse 3-1. Era il 5 novembre 1911.
Giocò a Caserta e portò via un pareggio senza gol. Fu battuta a Roma dalla fortissima Roman, ma si guadagnò molti applausi e la soddisfazione di quelli del Naples pronti ad esultare ad ogni sconfitta dei rivali. I “dark blues” si rifecero sui romani battendoli ad Agnano.
I campionati regionali proposero finalmente l’attesissimo derby fra le due formazioni napoletane. L’Internazionale aveva il covo del tifo in via Medina, il Naples l’aveva alla Pignasecca dove abitavano i fratelli Bruschini.
Spesso i supporters delle due squadre si ritrovavano alla birreria di Gustavo Stern (uno chop di birra costava 25 centesimi) dando luogo a vivacissimi conviviali.
IL DERBY
Internazionale e Naples si affrontarono per la prima volta il 21 aprile 1912 per l’assegnazione del titolo campano. Il derby divenne una sfida infinita. Quel primo confronto per la conquista dello scudetto regionale durò quasi nove ore.
Successe che, al primo incontro, l’Internazionale prevalse 4-3 sul suo campo, ma fu sconfitto 1-3 su quello dei rivali. Si rese necessaria la “bella”.
Nella terza partita, fermandosi il risultato sull’1-1, si andò ai tempi supplementari protratti fino a che l’oscurità, dopo due ore e venti minuti di gioco, interruppe la partita.
Titolo regionale ancora in ballo e quarta sfida, ma anche stavolta non prevalse nessuna delle due squadre (2-2). Si andò al quinto match (19 maggio 1912) e stavolta l’Internazionale ebbe la meglio battendo il Naples 2-1 e aggiudicandosi il titolo campano.
La fierissima rivalità si protrasse per dieci anni nei campionati regionali, sino al 1922, con la pausa degli anni della prima guerra mondiale.
Alla fine, il conto dei derby fu di sette vittorie per l’Internazionale, sei per il Naples e quattro pareggi. Ventotto gol per i “dark blues” e 29 per i blu-celeste.
Internazionale e Naples riuscirono a disputare, una volta a testa, le finali Centrosud.
Ne uscì malissimo l’Internazionale nel 1920 contro Livorno e Audace Roma senza vincere neanche una gara.
Il Naples, nel 1921, si qualificò per il girone finale del Centrosud subentrando alla Puteolana, squalificata per illecito.
I blu-celeste affrontarono Livorno e Lazio. Batterono il Livorno ad Agnano 4-2 e pareggiarono a Roma 4-4. In porta della Lazio giocava Fulvio Bernardini. Aveva sedici anni.
Umiliato dai gol dei napoletani (fra andata e ritorno Ernesto Ghisi gliene segnò tre e Ninò Bruschini due), Bernardini decise di cambiare ruolo. Prima centravanti e poi centromediano, diventando uno dei più forti giocatori italiani.
Il girone del Centrosud si concluse con la vittoria del Livorno, secondo il Naples, ultima la Lazio.
FRATELLI COLTELLI
Sfrattati dai campi di gioco e cominciando i giocatori ad avere pretese di rimborsi e premi in danaro, Internazionale e Naples valutarono la possibilità di una fusione.
I soci del Naples si tassavano ormai di due lire al mese per far fronte alle spese della squadra. Per giunta, il club blu-celeste fu citato per danni a causa delle pallonate, sul campo del Tiro a segno, che raggiungevano una palazzina adiacente frantumando i vetri delle finestre. Danni richiesti per mille lire!
I fratelli coltelli si misero insieme. Nacque l’Internaples e così stava per esaurirsi la fase preistorica del calcio a Napoli che anticipò la fondazione del Napoli.
Il cavaliere Emilio Reale, uomo robusto con ufficio in via Depretis, patito di corse al galoppo, si avvicinò al calcio dopo un incontro, in Villa Comunale, con Ugo Del Monte, nipote di Giorgio Ascarelli, che lo trascinò al Tiro a segno a vedere una partita fra Naples e Internazionale.
Il gioco gli piacque e cominciò a frequentare le due squadre. Essendosi magnificamente inserito, Emilio Anatra, presidente del Naples, gli offrì la vicepresidenza del club che il cavaliere Reale accettò con entusiasmo. Aveva certe idee sul calcio e voleva metterle in pratica.
VIVAIO
Non fu molto fedele, il cavaliere, ai colori blu-celeste perché non tardò a farsi attrarre dal club rivale, l’Internazionale, fino a diventarne il presidente (1918). Dimenticò i purosangue del Campo di Marte e si dedicò completamente al football. Ingaggiò un tecnico austriaco, Bino Shasa, cui affidò anche il compito di scoprire talenti. Fu così che Reale inventò il “vivaio”, il settore giovanile.
Bino Shasa ebbe la fortuna di scovare due ragazzi promettentissimi, Attila Sallustro, che aveva tredici anni, e il coetaneo Massimo Pensa. Li vide giocare in Villa Comunale e li aggregò nelle giovanili dell’Internazionale.
Intanto, Naples e Internazionale erano in crisi. Non ce la facevano ad andare avanti. Non riuscivano a sfondare nel calcio campano, Puteolana e Bagnolese erano più forti, e le spese continuavano a salire.
Le altre squadre facevano incassi maggiori fino a 300 lire. Naples e Internazionale non avevano un seguito altrettanto numeroso.
FUSIONE
Il cavaliere Reale trovò la soluzione. Invitò al Circolo Canottieri Savoia Gaetano Del Pezzo del Naples e Hans Jenni dell’Internazionale che aveva tenuto a galla la squadra durante la guerra e ne era il presidente, il cassiere, il capitano e il bigliettaio.
La soluzione, se tutti erano d’accordo, era una bella fusione fra i due club.
Non ci furono obiezioni e, vinte le rivalità, Naples e Internazionale si fusero. Fondendo anche i nomi dettero vinta all’Internaples (1922). Maglia blu mare con risvolti celesti.
Campo di gioco il terreno dei militari all’Arenaccia creato dal generale Albricci, comandante del Corpo d’armata di Napoli.
Presidente: Giorgio Ascarelli. In squadra, giocatori delle due formazioni precedenti tra cui il portiere Cavalli del Naples e l’inglese Minter dell’Internazionale tra i più noti.
Minter era un giocatore battagliero, difensore indomito, che dava coraggio a tutta la squadra.
In una partita a Palermo, contro la Vigor, urlò agli avversari: “Voi non rompete le gambe a nessuno e di qui non si passa”. Fu il solo giocatore straniero con cittadinanza sportiva italiana sino ad essere convocato nella nazionale B contro la Francia.
All’ala sinistra correva Osvaldo Sacchi. Alla vigilia della partita a Messina, nelle Semifinali Sud del 1926, fu scoperto che aveva trascorso il sabato sera in un tabarin.
L’allenatore lo mise fuori squadra, ma le preghiere di tutti gli altri giocatori convinsero il tecnico a schierarlo in campo. Sacchi fu il migliore, segnò una rete e mandò in gol Ghisi, Ferrari e Sallustro.
GIRONE CAMPANO
L’Internaples, nel 1922-23, partecipò al girone campano superando Stabia, Cavese e Bagnolese. Col Savoia di Torre Annunziata si qualificò per le Semifinali Sud e qui fece fiasco perdendo tutte e sei le partite contro Lazio, Ideale Bari e Libertas Palermo.
Andò meglio nella stagione successiva (1923-24) dominando ancora nel girone campano, con due batoste assestate alla Salernitana (5-1 fuori, 5-0 in casa), ma non ebbe fortuna nelle Semifinali Sud vincendo una sola partita contro l’Audace di Taranto.
Al terzo tentativo (1924-25) l’Internaples non riuscì neanche a qualificarsi per le Semifinali Sud, sopravanzato da Savoia e Cavese.
La svolta avvenne nella stagione 1925-26 quando Ascarelli ingaggiò il milanese Carlo Carcano che aveva giocato centrosostegno nell’Alessandria guadagnandosi anche cinque presenze in nazionale. Carcano aveva 34 anni e arrivò nel duplice ruolo di giocatore e allenatore. Portò un ragazzo diciottenne di Alessandria, Giovanni Ferrari, che aveva coccolato nella squadra piemontese predicendone un grande avvenire.
Predizione azzeccata. Ferrari avrebbe vinto scudetti a josa con Juve, Inter e Bologna e sarebbe stato campione del mondo nel 1934 e nel 1938.
TUMULTI
L’Internaples di Carcano debuttò nel girone campano contro la Bagnolese (4-2) il 29 novembre 1925, giorno che segnò l’esordio di Attila Sallustro a 17 anni.
I giovanissimi Sallustro e Ferrari erano le mezz’ali di quella squadra, Ernesto Ghisi il centravanti, Pelvi in porta e Minter in difesa.
L’Internaples segnava gol a valanga. Dieci a Caserta, sei contro la Puteolana, altri sei contro lo Stabia. In sette partite segnò 33 gol e guadagnò facilmente l’accesso alle Semifinali Sud.
Fu una nuova cavalcata contro Messinese, Fortitudo Roma, Anconitana e Liberty Bari. Altri 23 gol a segno. Quelli del “tridente” d’attacco furono i cannonieri di quelle due fasi: 18 gol Ernesto Ghisi (che ne segnò sei nel 10-0 a Caserta), 16 reti Ferrari, 11 Sallustro.
La squadra guadagnò la qualificazione alla finalissima del Sud, avversario l’Alba Roma, partite di andata e ritorno sui campi delle due squadre.
All’Internaples toccò iniziare in trasferta, il 7 luglio 1926. Carcano rimase in panchina cedendo il posto di ala destra a Fiorini. Schierò questa formazione: Pelvi; Minter, Iaquinto; Marra, Ghisi II, Toth; Fiorini, Sallustro, Ghisi I, Ferrari, Sacchi.
La partita, contrassegnata da un continuo lancio di pomodori, in un clima decisamente ostile per i napoletani, andò male e si concluse peggio. I romani dilagarono segnando sei gol. Il pubblico si scatenò a fine gara.
Successe di peggio nel match di ritorno all’Arenaccia. Il clamoroso scarto di gol dell’andata (1-6) non lasciava speranze per una rimonta dell’Internaples che non ci fu (1-1).
Il pubblico napoletano, anche per vendicare i pomodori dell’andata, si lasciò andare a un pomeriggio di follia.
Carcano e Ferrari, impauriti, dopo la partita se le filarono ad Alessandria senza tornare più.
L’Alba giocò la finale nazionale, stracciata dalla Juventus (7-1 a Torino, 5-0 a Roma).
SQUALIFICA
I tumulti dell’Arenaccia costarono all’Internaples la squalifica di un anno, poi ridotta a due mesi. La squadra andò a giocare sul campo dell’Ilva Bagnoli. Ma non ricominciò il campionato perché Giorgio Ascarelli ebbe l’idea che portò finalmente a fondare un’unica squadra napoletana col nome della città, il Napoli fondato l’1 agosto 1926.