Calcio
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Trent’anni fa eravamo felici
sulla nave del secondo scudetto
di Mimmo Carratelli (da: Roma del 23.03.2020)
Il calcio è fermo. Lo sport è fermo. La vita è ferma. La quarantena obbligatoria e quella volontaria hanno interrotto ogni cosa. Viviamo sospesi dentro un destino ignoto. Sembra un film di fantascienza. È la realtà e ci siamo dentro tutti.

Fermo il calcio attivo è tutto un fiorire di racconti e ricordi sui giornali, di filmati in tv di glorie recenti e passate, tiene banco l’Italia campione del mondo 2006. Tacciono le voci, spesso insopportabili, di telecronisti e opinionisti. Il meglio di questo silenzio.

Trent’anni esatti da oggi, il mese di marzo 1990, eravamo felici a Napoli. Ecco un racconto per ingannare questo tempo che passa senza un gol.

18 marzo 1990, domenica, terza di Quaresima. Il Napoli gioca a Genova contro la Sampdoria. È il penultimo anno di Maradona.

A Marassi, Alberto Bigon schiera: Giuliani; Ferrara, Corradini; Crippa, Alemao (71’ Mauro), Baroni; Fusi, De Napoli, Careca, Maradona, Carnevale. La Sampdoria di Boskov gioca con Pagliuca; Mannini, Invernizzi; Pari, Vierchowod, Victor (64’ Lanna); Lombardo, Katanec, Salsano, Mancini, Dossena.

Il Napoli ha 41 punti, secondo in classifica dietro al Milan di Sacchi (42) con Evani, Franco Baresi, Maldini, Massaro, Tassotti, Rijkaard, Van Basten, Ancelotti, Costacurta, Donadoni. In classifica, terza la Juventus a 37 punti, poi Inter e Sampdoria a 36.

Il Napoli si fa infilare a Genova (1-2), gol di Dossena 37’, Careca 50’, Lombardo 67’. Ma è fortunato. Nella stessa giornata, il Milan perde il derby (1-3), sconfitto dall’Inter di Trapattoni (Zenga in porta, Bergomi, Brehme, Berti, Klinsmann, Matthaeus, Serena). La classifica resta invariata.

Domenica 25 marzo, il Napoli batte la Juventus al San Paolo (3-1) con doppietta di Maradona 13’ e 28’, rigore di De Agostini 61’, gol di Francini 64’.

È la Juve allenata da Zoff. Tacconi in porta, Brio, Tricella, Alejnikov, Rui Barros, Zavarov, Marocchi, Schillaci, Casiraghi. Il Milan vince a Lecce (2-1) con gol di Baresi e Van Basten. Classifica: Milan 44, Napoli 43, Inter 40, Juventus e Sampdoria 38.

È l’anno in cui Bigon ha preso il posto di Bianchi. I nuovi acquisti sono Mauro, Zola, Baroni. Funziona il tridente con Careca, Maradona e Carnevale.

Domenica 8 aprile, il Napoli raggiunge il Milan in testa. È la giornata di Atalanta-Napoli 0-0, arbitro Agnolin, ma il giudice sportivo assegna la vittoria al Napoli per la monetina che colpisce Alemao. Il Milan fa 0-0 a Bologna.

La festa del secondo scudetto comincia a Bologna alla penultima giornata (22 aprile). Quanti napoletani da tutt’Italia si pigiarono nel vecchio Stadio Dall’Ara?

Alla squadra bolognese, contro il Milan, avevano “rubato” un gol e la vittoria quindici giorni prima, arbitro Lanese di Messina. Un tifoso gridò a Berlusconi: “Viva il Napoli. Quando verrà qui lo lasceremo vincere”.

Dunque, penultima giornata. Occhi al Comunale di Bologna e orecchie alle radioline. Il Milan gioca a Verona. Napoli e Milan a pari punti in testa alla classifica.

Al “Dall’Ara” non fu una partita, fu una cavalcata azzurra e i bolognesi applaudivano gridando “campioni, campioni”. Il Milan crollò a Verona, arbitro Lo Bello accusato di innervosire i rossoneri.

Era il Verona di Osvaldo Bagnoli. Una punizione di Simone (33’) sorprende Peruzzi portando in vantaggio il Milan. Nel secondo tempo, per i falli su Massaro e Van Basten non puniti, le vibranti proteste di Sacchi costano al tecnico l’espulsione.

Al 63’ il pareggio di Sotomayor per i veronesi. Nel finale, Lo Bello espelle Rijkaard alla seconda ammonizione. Espulso anche Van Basten dopo avere gettato la maglia per non avere ottenuto una punizione a favore. Fuori anche Costacurta. E Pellegrini segna il gol della vittoria del Verona (89’).

A Bologna fu un fuoco pirotecnico azzurro (4-2). Tre gol nel primo quarto d’ora: Careca 3’, Maradona 9’, Francini 15’. Nella ripresa, in uno stadio festoso, le reti di De Marchi (47’), Alemao (85’) e Iliev (90’).

Nel Bologna giocarono Antonio Cabrini a 33 anni e Bruno Giordano, 34 anni, che era andato via dal Napoli due anni prima.

Il Napoli è solo in testa (49 punti), il Milan secondo a due lunghezze. Lo scudetto è già sulle maglie azzurre, ma serve l’ultimo colpo d’ago per cucirvelo definitivamente.

L’ultima domenica di aprile, e ultima di campionato, il “San Paolo” è un Vesuvio azzurro, un cuore grande e palpitante, il traguardo in pugno e l’ansia di non lasciarselo scappare.

Avversaria la Lazio, attestata a farci soffrire, ma bucata fulmineamente (1-0) da Marco Baroni (7’), lo spilungone fiorentino che giocò con gli slip rossi portafortuna.

Inutile la vittoria del Milan a Bari (4-0). Napoli punti 51, Milan 49. Campionato concluso e scudetto al Napoli, il secondo. Bene, bravo, bis.

Al “San Paolo” c’era Carlos Bilardo che stava preparando la nazionale argentina per il Mondiale di giugno-luglio in Italia. C’erano vip e vamp. Marisa Laurito fece il giro del campo con la maglia azzurra e il numero 2 sulla schiena che tutti capirono che cosa volesse dire. Voleva dire il secondo scudetto.

Fu festa prima che fosse festa vera, sicura, certificata dal fischio finale dell’arbitro veronese Sguizzato.

Ci fu il ritmo degli applausi d’attesa e ci furono i cori, naturalmente. In sessantamila sugli spalti e non di più perché lo stadio di Fuorigrotta era sconvolto dai lavori per il Mondiale 1990.

Il presidente Ferlaino calcolò un danno di venti miliardi di lire di mancati incassi nella stagione. Erano stati in 85mila l’ultima domenica del primo scudetto.

Dagli spalti della felicità scesero immensi fili di carta verdi, bianchi e rossi, i colori dello scudetto, e cascate di azzurro.

Maradona entrò in campo con Claudia, con Dalmita che aveva tre anni, con Gianinna che ne aveva uno. Anche Alemao portò sul terreno di gioco la sua bambina. Corradini entrò col figlioletto in braccio.

Crippa e Francini andarono verso i “distinti” a raccogliere un lancio di fiori. Diego andò sotto la tribuna d’onore e lanciò un mazzetto di garofani a lady Ferlaino.

Quando l’arbitro pose fine all’impetuosa attesa, il “San Paolo” esplose tutta la sua gioia. E fu festa in tutta la città. Carri, ciucci, lambade e putipù. Petardi. Cortei.

Di nuovo si liberò la fantasia. Per le strade si vendettero “le lacrime di Berlusconi”, boccettine con un po’ d’acqua dentro, fantasiosa trovata del geniale psichiatra Claudio Ciaravolo che, nel 1980, aveva inventato anche il referendum per l’abrogazione della Juventus.

Uno dei tanti striscioni diceva: “Berlusconi, anche i ricchi piangono”. Insuperabile lo striscione sul quale stava scritto: “Ha telefonato Berlusconi, piange pure il telefono”.

Giunse notizia che un gruppo di tifosi napoletani aveva piantato in cima allo Stromboli una bandiera azzurra di 35 metri. Fecero festa a New York, nei quartieri degli italiani.

A Monaco di Baviera, dov’era nato un gemellaggio fra napoletani e tedeschi, gli uni e gli altri danzarono per le strade e naturalmente consumarono birra a fiumi. Giornali e televisioni di Buenos Aires annunciarono il grande evento del Napoli e di Maradona.
24/3/2020
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