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Cultura
Il giramondo di Anacapri
di Anna Maria Siena
Ho incontrato Francesco Durante due anni fa, al Monumento, a pochi passi dalla sua casa anacaprese. Francesco Durante, per me e per la famiglia “Gianfranco”, sintesi d’uso nel comune lessico famigliare che mi apparteneva quale cugina di Francesco da parte della sua bellissima madre, Nannina.

Quanto mi aveva unito e mi univa a Francesco erano i rapporti d’intimità delle nostre famiglie, sia pure rari, ma soprattutto la sua disponibilità nei miei confronti. Da Francesco ho avuto la partecipazione che un maestro di solito ha verso un allievo non da proteggere, ma da accompagnare e guidare, anche senza parole.

A lui devo prefazioni e presentazioni di alcuni miei libri, gli devo la splendida prefazione al mio libro su E. A. Mario, che fece da insegna alla inaugurazione, nella Biblioteca Nazionale di Napoli, di una sala al poeta del Piave del quale Francesco aveva colto “la carica umana e civile, l’infinita ricchezza espressiva, la capacità di vivere il proprio tempo e il proprio mondo” anche con le sue andate in America per scambi culturali che ampliavano gli orizzonti dell’arte e che. nell’ambito della poesia come della musica di E.A. Mario, sembravano esser stati rubricati nel meno impegnativo archivio degli autori di canzoni sotto l’insegna patriottica della Leggenda del Piave e sotto quella non meno fatidica di Santa Lucia Luntana…

Gianfranco ha partecipato con affettuoso interessamento alla mia vicenda giornalistica e letteraria…. ma quel che ancora oggi, a due anni dalla sua misteriosa e quasi magica partenza per un alato altrove, mi piace ricordare sono i suoi convegni per la presentazione di opere sue e di quanti ne avevano la collaborazione: la sua voce dal roof dell’Hotel La Palma a Capri, che merita un commento a parte.

Ex tetto della ex Locanda Pagano dalla quale mosse, nel 1826, la spedizione punitiva verso il ninfeo imperiale aperto sul versante occidentale dell’isola trasformandolo, da rifugio per l’anima dolente dell’imperatore, in una grotticella sinistramente solcata da bagliori azzurri…

Da questa trappola mascherata da nido Gianfranco fu costretto ad accettare l’ invito a un duello spietato, che ne richiese un brindisi decisamente impari con la sua ipersapida acqua traditrice, pena la morte, senza nemmeno l’ombra dell’ultima spiaggia…

Sto cercando di accomiatarmi da Gianfranco, non so come, se non ricordando quanto ha scritto e ciò di cui abbiamo parlato nei nostri lunghi incontri, il suo pensiero, la sua opinione, i suoi commenti ai suoi stessi scritti, ai suoi stessi libri… alle sue ricerche… ma non posso far altro che cogliere a sprazzi i ricordi…

Ho sempre dinanzi agli occhi la sua figura di ragazzo, ne sento la voce, ne colgo le asserzioni di un giramondo che non ha mai omesso di esaminare da par suo vari ed essenziali “angoli” del mondo dei quali Napoli occupa un posto decisamente privilegiato.

Napoli, da lui scelta come sede definitiva dopo un lungo girovagare, ma sempre dietro la spinta di un vero e proprio bisogno di sentirsi, sia pure in tempi alterni, a casa…

Qualcuno ha detto che di ogni cosa che si fa deve esserci uno scopo, un obbiettivo. Sei d’accordo? Forse quello di interrogarmi sul perché della mia scelta logistica di vita.

Negli anni Ottanta, quando venni a vivere a Napoli la prima volta, ne ebbi una folgorazione e, inesplicabilmente, me ne innamorai…

Poi sei ripartito, sei ritornato e di nuovo ripartito e adesso sei qui, forse altrettanto inesplicabilmente. Capita a volte che si torni nel posto dove si è vissuti felicemente la prima volta e si scopre che ciò che si credeva una città era la propria giovinezza… come chi crede di esser tornato a Diomira e ne è deluso.

Capita che anche le città visibili possano deludere dopo un ritorno.
Ma a volte hanno un corpo profondo che resta immutato e conferisce loro quella particolarità nella quale riconoscersi.

La loro storia, immagino. In quale epoca della storia di Napoli ti è più facile riconoscerti? Basterebbe andare indietro di mille anni per ritrovare forse la più bella e felice: quella della Napoli ducale, una piccola città con un piccolo territorio ma dinamica, indipendente, viva: una “città-Stato”.

Per Francesco Durante Napoli è l’unica città che abbia ancora un fondo etnico, una natura meravigliosa, tesori che poche altre possano vantare, degna di esser presente nell’agenda nazionale di qualsiasi Stato, capace di attrarre visitatori. anche perché bella d’infamia…

Se si assicurassero ai cittadini gli standard di normalità di vita che oggi mancano, pretendendone contemporaneamente il rispetto, si potrebbe avviare quel processo di riconquista dell’orgoglio civico che molti Napoletani provano quando, specialmente all’estero, diventano espressione-modello di tutta la città.

Per Francesco Durante Napoli è la città dai mille volti e dalle mille verità, che ha incantato o atterrito viaggiatori e stranieri, che ha allevato una plebe e una nobiltà quasi senza pari in Europa… e da questi castelli, da queste ville, da questi vicoli, da queste spiagge la musica e la filosofia, la letteratura e le canzoni, l’arte e le favole si sono diffuse nel mondo, scaturite dall’inesausta linfa di una millenaria matrice di cultura e di civiltà… ed è verso questa Napoli, amata, perduta e forse mai conosciuta, che trapela a volte dalle pagine dei libri, degli articoli, della continua ricerca di Francesco su quelli che potrebbero considerarsi non ultimi tra i perché di essere al mondo, una sorta di nostalgia quasi dolorosa, fatta di interrogativi e di una costernata presa di coscienza: lo squilibrio tra l’altissimo rango delle origini e l’attualità che vede la città bloccata al crocevia di contraddizioni irrisolvibili.

Nella sua vastissima opera di giornalista, scrittore e autore di opere letterarie che spaziano in tutto il mondo, mi limito a parlare di Francesco Durante solo come di un uomo, uno scrittore e un incancellabile, insostituibile amico perduto; come “compositore-autore di libri che ho letto con particolare curiosità e di opere che non ho letto che in parte, perché sconfinanti in altre culture o scritti in lingue che esuberano dalle mie capacità cognitive. Posso consigliare di leggere, come opera che ne sintetizzi anche la personalità, lo squisito libretto Donnacrapa Catoblepa con il suo prezioso Catalogo di isole delle quali quella amata è taciuta come si tace delle belle addormentate, delle principesse in esilio, della felicità perduta, dei sogni segreti …

Donnacrapa serba nell’autodedica dell’autore la sua infinita capacità di deliziare il lettore: “A Capri andai, a te pensai e dal burrone precipitai”… e meno male che lo stesso effetto non gliel’abbia fatto un altro dei suoi lavori, l’immane opera sulla Storia e letteratura degli italiani negli Stati Uniti della quale posso solo limitarmi ad asserire, senza ombra di dubbio, che non è definibile e non va definita.

Si può solo tentare di pescare, ma con una valida guida, con ami delicati, canne leggere o semplici rami, evitando di sprofondare, con la mente e con il cuore, nelle sue insidie… per rendersi conto che siamo dinanzi a un’opera vasta come l’oceano, profonda come il mare e come il mare solcato da infinite onde ognuna delle quali in grado di esprimere quanto sembra nascondere, ma che si limita a serbare come un invito, come una promessa di eternità a un infinito che sia in grado di intravvederne la via d’accesso al pensiero.

E voglio ricordare un nostro incontro-intervista nel suo orto anacaprese, un orto-giardino dove le foglie vanno apprendendo dalla prima pioggia d’autunno i loro suoni, un colloquio su un’attualità che entrambi ci ferisce, e che Francesco esprime con la sua voce semplice e chiara, percorsa da una non pietistica pietas e da un accorato dispiacere, ma con un equilibrio e una misura di contenuti che basterebbero da soli a decretarne l’originalità di pensiero.

Nella lettura come nella scrittura di Durante la comunicazione istantanea e la materia di vastissimo respiro sembrano sollevarsi e diventare un cielo e insieme una città: e di entrambi si può ancora parlare solo se se ne prendono infinite distanze, solo se da essi si è partiti… e poi tornati non come a una invischiante nostalgia, ma come a una frontiera che la lontananza ha consentito di scorgere nel suo male e nel suo bene e che si vorrebbe spostare in avanti all’infinito… in viaggi non necessariamente reali.

Va tenuto a mente che Napoli. è per Francesco una città in grado di mantenere le promesse, di conservare la propria identità sotto qualunque colpo...

Anche sotto le influenze bizantine. Secondo la tua amorosa fusione anima-corpo, anima cuore… Come nell’epoca romana, Napoli restò la città di lingua e cultura greche e non perse mai il suo rango di capitale…

E la Napoli angioina, la Napoli aragonese, faro dell’umanesimo?
È proprio nel periodo del massimo splendore della città angioina e aragonese che inizia la decadenza… Napoli. vibra nelle parole di Gianfranco con le sue potenzialità da non lasciar naufragare… il suo innatismo di capitale capace di resistere a invasioni e regni stranieri…

Napoli, l’unica città il cui spirito identitario riesce a sopravvivere malgrado essa stessa… e che a un cantore come Gianfranco, con la sua consapevolezza del bene e del male di quanto pensa e di quanto scrive o gli si annida nella mente e nel cuore, è a Gianfranco che voglio tornare per dirgli il mio ‘ciao’ di affetto, di fiducia, di stima di riconoscimento per un testimone che con la sua vita, la sua opera, il suo dolcissimo, misterioso, tenero addio sembra dirci, tra le infinite cose di lui che non dimenticheremo, che in questo golfo, tra queste sponde dove oggi il sole sembra divampare come per rivendicare una gioia o un’eredità, ci giunge da lui il messaggio che la speranza può ancora fiorire.

15/10/2021
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