Contatta napoli.com con skype

Calcio
Che cos’era Napoli quando nacque il Napoli
di Mimmo Carratelli
(da: Roma del 01.08.2021)
Giorgio Ascarelli, presidente dell’Internaples, decise che era giunto il momento che Napoli avesse una squadra col nome della città e ne fosse in tutto degna. Nacque il Napoli (1 agosto 1926).

In Campania c’erano già il Savoia di Torre Annunziata (fondato nel 1908), giunto nel 1924 a un passo dal titolo italiano, battuto in finale dal Genoa, la Puteolana (1902), la Nocerina (1910), lo Stabia (1911), l’Avellino (1912), la Salernitana e la Cavese (1919), la Bagnolese (1920).

Nel resto d’Italia giocavano il Genoa (1893), l’Andrea Doria (1895), la Juventus (1897), il Palermo (1898), il Milan (1899), la Lazio (1900), il Torino (1906), l’Inter e il Bari (1908), il Bologna (1909) per citare i club più famosi. Mancavano all’appello, col Napoli, la Fiorentina (fondata nel 1926, lo stesso anno del Napoli) e la Roma (1927).

L’1 agosto 1926 il Napoli nasceva sotto il segno del leone. Proprio quell’anno la Federcalcio, volendo mettere ordine nei campionati, varò la nuova formula, antesignana della Serie A, cioè la Divisione Nazionale divisa in due gironi di dieci squadre ciascuno: le ultime due di ogni gruppo retrocedevano, le prime tre dei due gironi giocavano un girone finale per l’assegnazione del titolo.

Il calcio a Napoli, quando si chiamò Napoli, apparve sulla scia della Belle Epoque al tramonto. Napoli era la città più popolosa d’Italia e l’unica con più di mezzo milione di abitanti (400mila a Milano, 380mila a Roma).

Si facevano grandi lavori e, nel biennio 1927-1929, fu aperto il tunnel della Vittoria che collegò la zona del porto alle vie eleganti del quartiere Chiaia.

Il quartiere Santa Lucia brillava con i suoi alberghi lussuosi, i numerosi ristoranti, i café-chantant e i circoli velici. La collina napoletana, poco urbanizzata, era ricca di verde, campagne e orti, e villette civettuole.

A Napoli vivevano inglesi, francesi, belgi, svizzeri, tedeschi, olandesi. Gutteridge, Codrington, Forquet erano i cognomi più conosciuti anche perché figuravano sulle insegne di molti negozi.

I settori economici più vivaci erano quelli dei tessuti, delle granaglie, dei cantieri navali e della navigazione oceanica. Fiorivano centinaia di imprese: concerie, fonderie, fabbriche di oggetti d’argento, fornaci di laterizi.

Al Vomero, la Lombardo Film, una delle prime industrie cinematografiche italiane con stabilimenti in via Solimena, produceva pellicole di successo.

Napoli contava 900 abbonati al telefono. Dovevano azionare una manovella per mettersi in contatto con le signorine del centralino alle quali davano il numero dell’abbonato col quale volevano parlare. Dal 1928 le comunicazioni divennero automatiche.

Nell’ottobre di quel 1926, dagli studi all’ultimo piano di un palazzo in via Cesareo Console, cinque stanze con vista sul golfo, fu diffusa la prima trasmissione radiofonica locale sulla lunghezza d’onda 333,3. Napoli fu una delle prime città italiane ad essere dotata di una stazione trasmittente.

Ernesto Murolo raccontava al microfono la storia della città e interpretava canzoni napoletane. Seguirono radiocronache dall’ippodromo dell’Arenaccia e collegamenti con i locali da ballo. Furoreggiavano le orchestre di Tagliaferri e Petralia. L’abbonamento alla radio costava 8,75 lire.

Nel 1927 fu completata la linea “direttissima” con Roma. Era stata immaginata nel 1871. Il progetto esecutivo fu redatto nel 1902. I lavori iniziarono nel 1907. Durarono vent’anni per le difficoltà degli scavi dei tunnel.

Numerosi erano i giornali: il “Roma”, “Il Mattino”, “Il Mattino illustrato”, “Il Mezzogiorno”, “Il Mezzogiorno Sportivo”, il “Corriere di Napoli”, “Il Pungolo”, “Il Piccolo”, “Tutti gli sports” in rotocalcio e illustratissimo. Per le donne “Modella” e “Modellina”. Poi tanti giornali umoristici tra i quali i più letti erano il “6 e 22”, “Monsignor Perrelli” e “Vaco ‘e pressa”.

Otto teatri erano in attività. Il San Carlo e il Bellini ospitavano gli spettacoli lirici. La prosa e il varietà trovavano posto al Politeama, al Sannazaro, al Fiorentini, al Mercadante, al Nuovo, al San Ferdinando. Il Sannazaro diventò la sede stabile della “Compagnia del teatro umoristico i De Filippo”.

Le corse dei cavalli si svolgevano al Campo di Marte, dov’è oggi l’aeroporto di Capodichino. Fiorivano i Circoli nautici, centri di attività sportiva e di vita mondana: l’Italia, il Savoia, la Rari Nantes, i Canottieri Napoli, il Posillipo che si chiamava allora Giovinezza.

L’Eldorado-Santa Lucia, al Borgo Marinari, era un immenso stabilimento balneare e termale, con duecento cabine in muratura, un teatro estivo e un dancing. Tutt’attorno, una corona di ristoranti.

Al “Salone Margherita”, sorto nel 1890 per superare il “Moulin Rouge” parigino nato un anno prima, ottocento persone si affollavano ogni sera in platea e sui palchi per vedere gli sgambettamenti delle ballerine e delle “sciantose”. Anni prima, avevano potuto applaudire la viterbese Lina Cavalieri, “la donna più bella del mondo”.

Andavano di moda i grammofoni a tromba della Polyphon con le voci popolari di Gennaro Pasquariello, che cantava “Lacreme napulitane”, e di Elvira Donnarumma, grandi interpreti delle canzoni napoletane incise su dischi di vinile a 78 giri, prodotti dalla prima casa discografica di Napoli, la Phonotype Record.

Al Teatro delle Varietà, in via Chiatamone, la soubrette romana Maria Campi, ballando la rumba, un ritmo che aveva appreso in Svezia, rendeva popolarissima la “mossa”: un colpo d’anca improvviso, da mozzare il fiato, dopo una lunga e provocante torsione del ventre mettendo in risalto le curve femminili. Quel colpo l’aveva inventato la cantante napoletana Maria Borsa che si esibiva al Teatro Partenope di via Foria.

Napoli era la città delle canzoni e dei mandolini, nel 1926. Benedetto Croce aveva 60 anni, Eduardo De Filippo 26, Totò 28, Salvatore Di Giacomo 66, lo scultore Vincenzo Gemito ne aveva 74 e Matilde Serao, la più popolare e amata giornalista, aveva 70 anni. Raffaele Viviani aveva 38 anni e scriveva commedie teatrali in dialetto, autore-attore beffardo e violento, compositore di suggestivi canti di malavita.

I primi tifosi del Napoli si riunivano al Bar Brasiliano, in Galleria. I napoletani si appassionavano molto al ciclismo. Sin dal primo anno (1909) il Giro d’Italia fece tappa a Napoli. Nel 1926 vinse Costante Girardengo, il campionissimo. Ma il campione più amato dai napoletani sarebbe stato Learco Guerra, la locomotiva umana, dominatore dei Giri della Campania negli anni Trenta.

Il canottaggio spopolava a maggio con la Coppa Lysistrata, la più antica gara remiera d’Italia, nata nel 1909.

Il Napoli ebbe la maglia col colore azzurro del cielo e del mare piuttosto che i colori giallorossi del gonfalone comunale.

Cominciò la storia di una passione unica, un grande fenomeno popolare che legò la squadra di calcio alla città più che in qualunque altro posto del mondo. Il calcio, a Napoli, divenne il vessillo di ambizioni e rivalse, di illusioni e delusioni, della contrapposizione al Nord, finendo con l’essere la valvola di sfogo delle precarietà e delle umiliazioni quotidiane come se la squadra fosse l’unico strumento di riscatto di una realtà depressa.

Il Napoli ha partecipato a 3 tornei di Divisione nazionale, a 75 campionati di serie A a girone unico, a 12 campionati di serie B e a 2 di serie C. Ha vinto due scudetti (nell’87 e nel ’90), tre Coppe Italia (’62, ’76 e ’87), una Supercoppa italiana (1990), una Coppa Uefa (1989), la Coppa delle Alpi 1966, la Coppa di Lega italo-inglese 1977.

I presidenti più famosi: Giorgio Ascarelli, Achille Lauro, Roberto Fiore, Corrado Ferlaino, Aurelio De Laurentiis in carica da 18 anni.

Gli allenatori con maggiori presenze: William Garbutt, Eraldo Monzeglio, Bruno Pesaola, Giuseppe Chiappella, Luis Vinicio, Rino Marchesi e i vincitori degli scudetti Ottavio Bianchi e Alberto Bigon.

Da Sallustro a Maradona, in ottant’anni, una galleria di campioni.
1/8/2021
RICERCA ARTICOLI