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Cultura
Un Fracanzano che sembra Gemito
di Achille della Ragione
Il quadro che è stato posto al mio giudizio da un facoltoso collezionista napoletano, raffigurante un barbuto vegliardo (fig. 1) in un primo momento mi è sembrato uno dei tanti autoritratti di Gemito, il celebre artista sulla cui opera, dopo lo straordinario successo ottenuto a Parigi, si sta attualmente svolgendo una mostra al museo di Capodimonte.

Poi ho rammentato un dipinto, molto simile, firmato, appartenente ad una celebre raccolta italiana, raffigurante un filosofo in meditazione (fig. 2), di cui parlo in un mio articolo reperibile nella mia monografia dedicata a Francesco Fracanzano consultabile su internet digitando il link:
http://www.guidecampania.com/dellaragione/articolo82/fracanzano.pdf
Ogni dubbio è scomparso ed ho attribuito il dipinto senza ombra di dubbio al famoso allievo di Ribera.

La qualità del quadro è molto alta grazie a sapienza di tagli di luci e ombre, di panni ed epidermidi, concretezza di particolari anatomici e tratti somatici, trattazione severa, ma anche intensa e umanissima, di stati d’animo e reazioni espressive.

L’attenta definizione di ogni dettaglio anatomico, la pelle rugosa e la barba incanutita, sono particolari, appresi dal Fracanzano nella bottega del Valenzano e costituiranno la cifra stilistica lungo tutto il corso della sua carriera.

La rappresentazione di mezze figure di santi e filosofi, investigati con crudo realismo, fu una moda nata nella bottega del Ribera a Napoli ed affermatasi poi anche in provincia grazie ai suoi discepoli, tra i quali, con una rilettura originale, si annovera anche il sommo Luca Giordano, che più volte ritornerà sul tema nel corso della sua lunga carriera, dilatando oltre misura la sua fase riberesca, identificata erroneamente dalla critica con un periodo unicamente giovanile.

Tra i più convinti seguaci del valenzano si distingue Francesco Fracanzano, il quale nel 1622, dalla natia Monopoli, si trasferisce con la famiglia nella capitale, entrando giovanissimo nell’ambiente artistico partenopeo, grazie anche al matrimonio, celebrato nel 1632, con la sorella di Salvator Rosa.

Lavorando con il Ribera ne recepì la stessa predilezione per la corposità della materia pittorica e ripropose spesso i soggetti più richiesti dalla committenza: studi di teste e mezze figure di filosofi e profeti su fondo scuro.

Il De Dominici accenna all’attività del Fracanzano nella bottega del Ribera: “il maestro molto lo adoperava nelle molte richieste di sue pitture... mezze figure di santi e di filosofi”.

Nessuno di questi quadri, attribuibili con un buon margine di certezza alla sua mano, è firmato o datato, probabilmente perché spesso dovevano passare per autografi del maestro e ad avvalorare questa ipotesi ci soccorrono di nuovo le parole del biografo “il Maestro molto lo adoperava nelle molte richieste di sue pitture e massimamente per quelle che dovevano essere mandate altrove, ed in paesi stranieri... egli è così simile all’opera del Ribera che bisogna sia molto pratico di lor maniera chi vuol conoscerlo... nell’esprimere la languidezza delle membra, nella decrepita senescenza dei suoi vecchi”.

Bibliografia
A. della Ragione - Francesco Fracanzano opera completa - Napoli 2011
A. della Ragione - La pittura napoletana del Seicento - Napoli 2011
                          (repertorio fotografico a colori) tomo I, pag. 47 - 48




25/10/2020
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